FOG A TEATRO FINO AL 7 MAGGIO
Abbonati a FOG festival con la nostra membership per non perderti nemmeno uno spettacolo tra il meglio delle performing arts internazionali.
Triennale Milano
Pubblicità Flou, 1980

Vico Magistretti raccontato attraverso la pubblicità

2 settembre 2021
Nell’ultimo decennio, molti studi hanno insistito sull’indispensabile contributo offerto dalla grafica e dalla comunicazione alla “maturazione” del design italiano nella seconda metà del Novecento.¹ Per comprendere appieno le peculiarità di tale universo creativo, imprenditoriale e tecnico, bisogna infatti affiancare alla realtà fisica del prodotto la successiva sintesi narrativa e iconografica messa a punto da personaggi straordinari quali Michele Provinciali, Giancarlo Iliprandi, Salvatore Gregorietti, Franco Grignani, Franco Maria Ricci e tanti altri. Come ha scritto Mario Piazza, nel secondo dopoguerra il design italiano è stato il sinonimo di uno stile, di un’originalità ed un’eleganza inventiva, «e lo stile è in primo luogo una nozione distintiva, una capacità di relazionarsi, un atteggiamento comunicativo del prodotto e dell’oggetto».²
Una simile prospettiva interessa ovviamente anche la carriera di Vico Magistretti, il quale – dopo alcuni esperimenti sparsi negli anni Quaranta e Cinquanta – cominciò a dedicarsi con costanza al disegno dell’arredo e del prodotto negli anni Sessanta. Indagare il legame tra i suoi oggetti e le loro “traduzioni” sintetiche in pagine di pubblicità, cataloghi e manifesti significa allora comprenderne meglio la parabola e gli effetti, scoprendone anche inediti significati.
Grafica Gregorietti per pubblicità Cassina
Dal colore alla parola
Tra le prime immagini pubblicitarie degne di nota riferite all’opera di Magistretti, si possono citare quelle di Salvatore Gregorietti. Nel 1966, per raccontare i modelli 913 (letti) e 928 (divano e poltrona) di Cassina, il designer siciliano – formatosi tra Milano e Zurigo – sceglie come base le fotografie di Aldo Ballo³ ed elegge il rosso, colore che accomuna le due serie di arredi, a tonalità dominante dell’intera composizione. Oltre a entrare in risonanza con il logo aziendale (la “C” rossa), con questa scelta cromatica Gregorietti sembra cogliere precocemente la ricorrente presenza del rosso nell’opera dell’architetto milanese, e in una prospettiva più ampia la polisemia di tale colore. Nel design del secondo dopoguerra il rosso assume infatti molteplici sfumature nel processo di riforma dell’interno domestico, di cui abbiamo parlato altrove.⁴
Dello stesso tenore e colore sono le pubblicità realizzate da Artemide intorno al 1968, in cui le fotografie (ancora di Ballo) delle sedie Selene in versione rosso fuoco risaltano su uno sfondo di tono simile, appena più chiaro. In questo caso, la forza del colore calca la mano sulla potenza e sulla novità della materia plastica, rimarcando la distanza dalle consuetudini dell’arredo borghese tradizionale.
Se negli esempi citati l’impatto visivo – e quindi la sintesi dell’anima di tali oggetti – è principalmente affidato al colore, il design di Magistretti stimolerà anche narrazioni fondate su di una maggiore corrispondenza tra la forma del prodotto e la sua sintesi grafica. Ciò è evidente nelle pubblicità e nei cataloghi (così come nel packaging) della lampada Eclisse, progettata nel 1966 e vincitrice del Compasso d’oro l’anno successivo. La geometria metafisica di questa piccola abat-jour ispirata ai Miserabili di Victor Hugo (ma anche alla coeva Space Fever: proprio nel 1966 i sovietici mandano un satellite nell’orbita della Luna) verrà sintetizzata e moltiplicata con riferimento alle fasi lunari. Da notare, in tutti questi esempi, è il fondamentale contributo della fotografia, che fornisce alla grafica la base per enfatizzare o addirittura scoprire le caratteristiche del prodotto.⁵
Intorno al 1976, una campagna di Artemide sceglierà un’ulteriore prospettiva per pubblicizzare gli arredi plastici di Magistretti, puntando sulla loro recente celebrazione al Museum of Modern Art di New York, avvenuta nella mostra del 1972 “Italy: the New Domestic Landscape”.⁶ Invece della peculiarità del materiale (ormai assorbita dal pubblico e anzi offuscata dalla crisi energetica di quegli anni), si sottolinea così la doppia natura di simili arredi, allo stesso tempo oggetti quotidiani accessibili a tutti e pezzi d’autore da esporre e venerare. Così evolve l’immagine del design.

Selene, Artemide, Archivio Aldo Ballo
Selene, Artemide, Archivio Aldo Ballo
Eclisse, Artemide
Eclisse, Interiornotes
Eclisse, Interiornotes
Eclisse, Artemide, 1966-1967, Archivio Aldo Ballo, Milano
Pubblicità Artemide, 1976
Il caso Nathalie
Nonostante la raffinatezza dei casi citati, bisogna tuttavia rimarcare come negli anni Sessanta e Settanta la maggior parte delle pubblicità di design si limitassero a impaginare una fotografia del prodotto con accanto il marchio dell’azienda. Qualcosa di poco diverso dalla pagina di un catalogo aziendale. Ecco perché la campagna pubblicitaria del letto Nathalie (1978) risulta eccezionale nella storia della comunicazione riferita al design.
La sfida era quella di raccontare al grande pubblico una nuova tipologia di letto – il “letto tessile” – che estendeva alla testata il concetto del Piumone, giunto dai paesi nordici, aggiungendo dei “componenti soffici” come cuscino, copricuscino, piumone, ecc. Il mondo del tessile si estendeva a quello dell’arredo, e – come ha sottolineato Vanni Pasca – così facendo il letto smetteva di essere statico e immobile diventando mutevole e trasformabile.⁷
Pubblicità Flou, 1984
Pubblicità Flou, 1978
Ad essere incaricato della campagna del Nathalie fu Valerio Castelli, giovane architetto che – forte anche dell’esperienza familiare, in quanto figlio del fondatore di Kartell Giulio Castelli e dell’architetto Anna Castelli Ferrieri – nel 1972 aveva fondato il Centrokappa, società di consulenza nel campo della comunicazione d’impresa. Il fulcro della campagna è uno slogan semplice e diretto («Flou ha rifatto il letto»), accompagnato da immagini che spesso insistono sulla possibilità di mutare aspetto – cambiando il rivestimento tessile – con facilità e frequenza. Per l’epoca, e soprattutto per il settore, è una rivoluzione comunicativa, da cui in parte dipese il successo commerciale del Nathalie.
A partire da quell’idea si moltiplicarono le variazioni sul tema, tra le quali citiamo la pubblicità in lingua giapponese, in cui si proclama – guardando al successo commerciale sul suolo nipponico – che il letto Nathalie ha fatto cambiare il modo di dormire del paese asiatico, ben diverso da quello occidentale. Di certo Magistretti – che, come ricorda Castelli, partecipava con entusiasmo alle riunioni su questi argomenti – fu molto felice di tale contaminazione culturale, avendo una passione particolare per il Giappone dove aveva anche costruito abitazioni e realizzato progetti di design.⁸ 

Pubblicità Flou, 1985
Pubblicità Flou, 1985
Pubblicità Flou, 1988
Corriere sera, marzo 1991
Corriere sera, aprile 1994
Corriere sera, settembre 1986
Vico Magistretti con la lampada Atollo, Courtesy Oluce, © Giorgio Lotti
Vico Magistretti con la lampada Atollo, Courtesy Oluce, © Giorgio Lotti
Foto d’artista e caricature
Negli anni successivi, anche sulla scia del “caso Nathalie”, si assiste a un’evoluzione e differenziazione delle strategie comunicative nel campo dell’arredo. Impossibile riassumere qui un panorama così vasto; possiamo però sottolineare alcune tendenze, proprio attraverso l’opera di Magistretti.
Da un lato, accanto all’immagine pubblicitaria del prodotto si afferma sempre di più l'effigie del progettista, in un progressivo sviluppo mediatico (e sociale) che trasforma l’architetto/designer in star del made in Italy. Si pensi ai tanti ritratti dei designer milanesi scattati da grandi fotografi (Cesare Colombo,⁹ Aldo Ballo, Gianni Berengo Gardin, Adriano Alecchi, Giorgio Lotti, Giuseppe Pino, Ugo Mulas, ecc.), che poco alla volta si sovrapporranno all’immagine dei singoli prodotti, con effetti commerciali non trascurabili e ben colti, ad esempio, da Alessandro Mendini nei primi anni Ottanta. Fotogenico, elegante e ormai celebratissimo come designer, Magistretti non sfuggirà a questa rappresentazione, come dimostrano i molti ritratti a lui dedicati: uno per tutti, quello che lo ritrae con la lampada Atollo, firmato Giorgio Lotti.
Dall’altro lato, invece, si può assistere alla prolificazione di letture “artistiche” dell’oggetto di design che rivisitano il genere – particolarmente fortunato nel Novecento – della fotografia dell’industria e del prodotto industriale. In molti casi, ci troviamo di fronte a un moto opposto a quanto inseguito da fotografi come Aldo Ballo negli anni Sessanta: alla sublimazione dell’oggetto domestico in una dimensione astratta e metafisica, si sostituisce il suo inserimento – realistico o surreale – in contesti urbani o naturali, pubblici o privati, spesso alla ricerca di un déplacement visivo e allo stesso tempo marcando una distanza dalla “semplice” pubblicità.¹⁰

Foto divano Maralunga nel reparto tappezzeria di Cassina, © Carlo Orsi
Campagna stampa 1991, Sei Riflessioni sul prossimo millenio. Le cose cambiano alcune restano, © Bozell Testa Pella Rossetti
Photo by Ellen von Unwerth for the book "Kartell. 150 Items. 150 Artworks”, Skira, 2001
Photo by Ellen von Unwerth for the book "Kartell. 150 Items. 150 Artworks”, Skira, 2001
Ne sono esempi la fotografia di Carlo Orsi (1997), per Cassina, con il divano Maralunga alzato in aria dalle braccia muscolose di un culturista nei laboratori dell’azienda, così come altre campagne di Cassina: quella del 1991 intitolata “sei riflessioni sul prossimo millennio” (con il Maralunga abbandonato in riva al mare, paradiso o distopia?) o il catalogo Ritratti ideato nel 1994 da Italo Lupi, il quale affidò a una serie di fotografi la scelta e la libera interpretazione di un oggetto. Troviamo la sedia 905 in mezzo alla neve (Moreno Gentili); il divano Maralunga sotto una scritta al neon (Renzo Chiesa); la poltrona Sindbad su sfondo colorato (Tom Vack); la sedia 929 Villabianca in mezzo alle auto-scontro al luna park (Armin Linke); ecc.¹¹ Anche best-seller come la Maui o la Mauna Kea hanno ricevuto simili attenzioni da parte di Kartell, ampliando il bagaglio iconografico del design italiano, con le fotografie di Giovanni Gastel per il catalogo aziendale del 1995 e con il volume Kartell. 150 Items. 150 Artworks, curato da Franca Sozzani e Luca Stoppini nel 2001.¹² Da citare è anche il fotomontaggio (dal catalogo Kartell 1996) in cui le sedie Mauna Kea sono inserite, con riuscito fotomontaggio, sul marciapiede di Nighthawks, il celebre quadro di Edward Hopper.
C’è infine un ultimo esempio che vale la pena di segnalare, ancora proposto e curato da Italo Lupi: la serie di “caricature” realizzate da Steven Guarnaccia negli anni Duemila per le copertine dei cataloghi di Campeggi. L’illustratore americano ha convertito alcuni arredi in personaggi da fumetto: il letto Ospite in un clown, l’attaccapanni Broomstick in una signora dall’acconciatura stravagante, e via dicendo. Grazie alla matita di Guarnaccia, in poche linee vengono così sintetizzate – con un registro comprensibile a tutti – le complesse ricerche sulla trasformabilità e sulla flessibilità che caratterizzano la produzione dell’azienda lombarda. Non solo: queste piccole vignette mettono in evidenza un ulteriore e non secondario aspetto dell’opera di Vico, ovvero quell’ironia che sta alla base della sua opera, e che per decenni è riuscita a rendere leggero e mai ridondante il tentativo di dare forma alla funzione.

Catalogo Kartell, 1995 © Giovanni Gastel
Crediti
La mostraVico Magistretti. Architetto milanese è resa possibile anche grazie al generoso contributo del Partner Flou.
Note: ¹ Si veda ad esempio: Giorgio Camuffo, Mario Piazza e Carlo Vinti (a cura di), TDM 5: Grafica italiana, catalogo della mostra al Triennale Design Museum (Milano, aprile 2012-febbraio 2013), Corraini, Mantova 2012. ² Mario Piazza, La grafica del Made in Italy, in Id. (a cura di), La grafica del Made in Italy, Aiap edizioni, Milano 2012, p. 10. ³ Giovanna Calvenzi e Salvatore Gregorietti, Ballo + Ballo, Il linguaggio dell’oggetto attraverso le fotografie di Aldo Ballo e Marirosa Toscani Ballo, Silvana Editoriale, Milano 2009. ⁴ Gabriele Neri (a cura di), RossoVico. Vico Magistretti e il rosso, Triennale Milano, Milano 2021. ⁵ Esemplare il caso di Giorgio Casali: A. Maggi, I. Zannier, Giorgio Casali: photographer /Domus 1951-1983. Architecture, design and art in Italy, Silvana Editoriale, Milano 2013. ⁶ E. Ambasz (a cura di), Italy: the New Domestic Landscape. Achievements and problems of Italian design, catalogo della mostra (New York, MoMA, maggio - settembre 1972), MoMA, New York 1972. ⁷ Vanni Pasca, Vico Magistretti: design e razionalità, in Fulvio Irace e Vanni Pasca (a cura di), Vico Magistretti architetto e designer, Electa, Milano 1999, p. 118. ⁸ Cfr. Gabriele Neri (a cura di), Vico Magistretti architetto milanese, catalogo della mostra alla Triennale di Milano (maggio-settembre 2021), Electa, Milano 2021. ⁹ Cesare Colombo (a cura di), L’occhio di Milano – 48 fotografi 1945/1977, Editrice Magma, Milano 1977. ¹⁰ Su questi temi si veda anche Anniina Koivu (a cura di), Vico Magistretti: storie di oggetti, Triest Verlag, Zürich 2020. ¹¹ Italo Lupi (a cura di), Cassina. Ritratti, Cassina, Meda 1994. ¹² Franca Sozzani e Luca Stoppini (a cura di), Kartell. 150 Items. 150 Artworks, Skira, Milano 2001.