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Triennale Milano
Alexis Paul e Alessandro Sciarroni, ph. Lisa Surault, Andrea Macchia

Voci dal Mondo Reale con Alexis Paul e Alessandro Sciarroni

26 ottobre 2022
Voci dal Mondo Reale è una performance originale che traccia una linea dal Caucaso al Mediterraneo, fino all'Atlantico, con l'Italia come palcoscenico centrale. Fondation Cartier pour l'art contemporain dialoga con il musicista e compositore Alexis Paul e con il coreografo Alessandro Sciarroni – Leone d'Oro alla Biennale di Venezia e artista associato di Triennale Milano Teatro – su canti tradizionali che parlano di amore, natura, esilio e resistenza.
Com’è nato il progetto Voci dal Mondo Reale?
Alexis Paul: Dopo una prima collaborazione nel 2019, le Soirées Nomades, organizzate dalla Fondation Cartier, mi hanno ricontattato per comunicarmi il desiderio di ideare un evento incentrato su cori e musica tradizionale nell’ambito della mostra Mondo Reale, sempre a cura della Fondazione nell’ambito della 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano. Poiché il mio approccio contemporaneo consiste in parte nel raccogliere e rinnovare l’immaginario delle culture popolari, l’idea di inondare Triennale di voci umane mi ha immediatamente affascinato.
Alessandro Sciarroni: Abbiamo avuto l’onore di presentare Save the last dance for me a Parigi, alla Fondation Cartier, all’interno della mostra dedicata a Damien Hirst. L’opera ha cercato di restituire visibilità a una danza popolare italiana quasi dimenticata, la polka chinata.  Mossi dal mio interesse per i fenomeni della danza popolare, i curatori della Fondazione mi hanno invitato a collaborare con Alexis Paul nella curatela di Voci dal Mondo Reale.
Alexis Paul, ph. Jérôme Moreau
Siete due artisti – un musicista-compositore e un coreografo – che si spartiscono la direzione artistica di un unico progetto. Come si è svolta la vostra  collaborazione, come avete lavorato/combinato le rispettive discipline (musica e danza) per dare vita a questa creazione appositamente concepita per la 23ª Esposizione Internazionale?
AP: Il nostro duo è nato in seguito a una proposta delle Soirées Nomades, che ci ha visti coinvolti per la prima volta proprio su invito della Fondation Cartier. E in effetti, ci siamo resi subito conto di avere parecchio in comune, in particolare la passione per il recupero e la persistenza di certe tradizioni. Il progetto è stato realizzato in due fasi: la prima dedicata alla definizione della scaletta musicale, la seconda alla messa in scena.
AS: È stato un processo molto graduale. Questa è la prima volta che accetto di curare un evento. Come al solito ho preferito non aggredire la materia sulla quale avremmo dovuto lavorare. Ho deciso di aspettare un tempo lungo per entrare in contatto con l’universo musicale proposto da Alexis e dalla sua sensibilità. Il mio lavoro consiste nell’organizzare il movimento del corpo umano nel tempo e nello spazio all’interno di un sistema che viene chiamato coreografia. Per me quindi non è  molto diverso  da ciò che in maniera più tradizionale viene chiamata “danza”.
Raccontateci del vostro amore per le musiche e le danze folkloristiche, cosa simboleggiano/evocano per voi? Perché ritenete rappresentino un ambito di ricerca e lavoro interessante?
AP: L’idea che l’arte sia un mezzo e non un fine è centrale nel mio lavoro. Le musiche folkloristiche mi interessano perché sfuggono al mondo dello spettacolo. Sono la colonna sonora della “gente comune”, della vita quotidiana, dell’avventura spirituale e della natura. Intrattengono relazioni differenti, più intuitive, con i mondi e ci ricordano la quantità di conoscenza che  le “società senza scrittura” hanno apportato alla collettività. Che si tratti di musiche sacre o profane, sono l’espressione di una dimensione rituale e spontanea che parla in modo estremamente diretto della condizione umana. Ne rappresentano il sublime ornamento. Sebbene per me resti problematico inserirle in uno spettacolo, farle vivere in maniera “deviata” e creativa – come nel caso della Soirée Nomade intitolata Voci dal Mondo Reale – è un esercizio appassionante.
AS: La danza popolare, la danza in generale, è un aspetto del comportamento umano. Più è antica, più racconta qualcosa che somiglia agli esseri umani di oggi.

Isokratisses (Grecia), ospiti della serata Voci dal Mondo Reale
Gorda (Georgia), ospiti della serata Voci dal Mondo Reale
Ci parlate di questo repertorio di cori folkloristici? Quali brani comprende e cosa raccontano?
AP: La maggior parte degli artisti invitati eseguirà canti tramandati oralmente. Molti dei quali impossibili da datare. I temi di cui trattano sono vari come la vita stessa che è mutevole e sfaccettata. Certi brani rimandano a una situazione concreta che descrivono o sublimano (sono canti di lavoro, canti di riunione, legati a particolari rituali, alla nascita, al sonno, alle credenze religiose), altri intraprendono percorsi tortuosi per esplicitare un sentimento o un’intuizione, per parlare dell’amore, dell’esilio. Altri, infine, sono canti di resistenza o intimamente legati alla natura. Ciò che raccontano è innanzitutto l’immaginario dei popoli, con la loro lingua e la prossimità al paesaggio locale. A conti fatti, ciò che è vitale in questi repertori è la trasmissione collettiva. L’individuo, l’interprete, resta un po’ “in secondo piano”. Certo, l’interpretazione implica sempre uno sguardo contemporaneo, ma non siamo in presenza di una raccolta di composizioni originali.

Nino Nakeuri (Georgia), ospite della serata Voci dal Mondo Reale
Sopa de Pedra (Portogallo), ospiti della serata Voci dal Mondo Reale
Cosa significa per voi il titolo dell’evento, ripreso da quello della mostra della Fondation Cartier? Cosa sono le “voci del mondo reale”
AS: Molte delle musiche che abbiamo scelto sono state composte in tempi antichissimi. Eppure sono sopravvissute fino a oggi. Attraverso di esse possiamo connetterci alla voce della nostra storia. È un’osservazione antropologica.
AP: Le “voci del mondo reale” sono probabilmente quelle che trascuriamo, quelle che rischiano di scomparire, talvolta perché non servono alla propaganda culturale di un potere, talvolta perché non vengono più tramandate, oppure perché sono misconosciute o poco studiate. Eppure persistono, nelle vallate, sulle montagne, intorno ai focolari. Mi piace l’analogia con l’archeologia: produrre meraviglia e novità servendosi di sedimenti è un’idea potente. È ciò che cerchiamo di fare. D’altro canto gli esseri umani hanno sempre cantato la natura o espresso i propri sentimenti attraverso l’ambiente che li circonda. Le “voci del mondo reale” sono quindi anche quelle della natura, indivisibile ma fatta di moltitudini. Questi canti – talvolta provenienti da territori contesi o da regioni che non combaciano con uno stato-nazione contemporaneo – ci esortano attraverso la loro mera esistenza a rileggere le nostre carte geografiche, a rileggere il Mondo.