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Triennale Milano
pedagogia

Le università milanesi e il mistero. Unknown Unknowns e le vie pedagogiche

31 agosto 2022
Nell’ambito del percorso di approfondimento dei temi di Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries, 23ª Esposizione Internazionale di Triennale, abbiamo coinvolto a partire da giugno 2021 ricercatori, dottorandi e studenti delle università milanesi e la rete delle comunità straniere in una serie di incontri e seminari organizzati e coordinati da Pupak Tahereh Bashirrad, architetto e dottore di ricerca.
Articolo a cura della coordinatrice e degli studenti del Corso di Dottorato in Educazione nella Società Contemporanea (ESC), Università di Milano-Bicocca.
Introduzione di Francesca Antonacci, coordinatrice dottorato
L’educazione si rivela in qualità di disciplina che si occupa della promozione di consapevolezza rispetto alle proprie conoscenze e competenze. In questa direzione, il lavoro sulle conoscenze (e lacune) implicite, latenti, ma ugualmente operanti nel comportamento dei singoli e dei gruppi, costituisce una chiave di lettura fondante per ogni tipo di apprendimento, in ogni età della vita. Ciò che sappiamo, ciò che non sappiamo di sapere e ciò che crediamo di sapere, ciò che ci è noto, ma non è mai stato pensato in forma esplicita, ciò che conosciamo, ma di cui ci sfuggono la portata e la complessità, ciò che pensiamo di conoscere, ma che non sappiamo rendere comprensibile anche per gli altri, sono tutte posizioni possibili, che costituiscono una sfida per il sapere pedagogico. Tutto ciò è anche espresso dal noto Effetto Dunning-Kruger, che descrive chi non sa di non sapere, chi sa di non sapere e chi si avventura, consapevole, nella scalata ripida della conoscenza.
kruger
Per condividere con le comunità del territorio coinvolte nel progetto un lavoro sulla consapevolezza, il mondo educativo può far uso di diversi linguaggi che veicolano gli immaginari espliciti, impliciti e latenti dei singoli e dei gruppi: linguaggi di tipo espressivo, performativo, visuale, testuale, ludico, partecipativo. In comune a tali varietà di linguaggi, a cui si affianca una molteplicità di metodologie di ricerca possibili, c’è la consapevolezza della possibilità di approcciarsi al mistero degli Unknown Unknowns attraverso differenti vie pedagogiche. Le ricerche qui di seguito sono alcuni esempi che sei dottorande in Educazione nella Società Contemporanea hanno scelto di condividere.
1. Le culture del gioco con la disabilità infantile di Elisa Rossoni Giocare con un bambino con disabilità significa aprirsi al mistero, significa rendersi disponibili a incontrare una differente modalità di esistenza e assumersi la responsabilità di pensare e istituire le condizioni materiali che possano stimolare e favorire la possibilità di prendere parte, in maniera autonoma e attiva, a un’esperienza essenziale e vitale che genera piacere, benessere e apprendimento. Per questo occorre osservare e ascoltare il bambino, esitare, fare silenzio, stupirsi, non sapere di non sapere e tollerare di non capire, prima di giudicare, riparare, normalizzare. Giocare con un bambino con disabilità significa, inoltre, incontrare le molteplici culture del gioco e dell’educare delle famiglie di provenienza. La ricerca esplora l’immaginario legato al gioco delle famiglie migranti di un bambino con disabilità per aprire uno spazio e un tempo di incontro e dialogo con l’alterità e di confronto tra le teorie e le pratiche educative pensate e agite all’interno di un particolare servizio educativo, presente nella città di Milano  (Spazio Gioco di L’abilità onlus) - dedicato alla promozione del diritto al gioco nel bambino con disabilità e a teorie e pratiche sul gioco pensate e agite all’interno dei contesti familiari multiculturali.   L’obiettivo è quello di arricchire e ampliare gli ambiti e l’efficacia dell’intervento educativo ludico nel rispetto e nella conoscenza delle diverse culture.
2. Arianna: danzare il labirinto della crisi per apprendere a trasformarsi nell’ambito del lavoro educativo sociale di Antonella Cuppari Ci si può mettere alla ricerca sapendo ciò che non si sa e avendo chiaro cosa si deve cercare, oppure essere consapevoli di “non sapere ciò che non si sa” e quindi attraversare tale mistero e la trasformazione che può generare. In questo pseudolabirinto della conoscenza (Ingold, 2015/2020) il metodo di attraversamento diventa non tanto la ricerca dell’unica via giusta in una moltitudine di vicoli ciechi che non conducono da nessuna parte ma, al contrario, una danza sensibile con il contesto, intenzionale e attenzionale al tempo stesso, un metodo a-metodico (Mortari, 2006) in cui azione e percezione sono intimamente connesse. Arianna è una video-performance danzata ed è parte della mia ricerca di dottorato che esplora la relazione tra esperienza della crisi e processi trasformativi (Alhadeff-Jones, 2021) nell’ambito del lavoro educativo sociale di servizi per l’inclusione sociale di persone con disabilità intellettiva. Con riferimento agli studi sulla ricerca performativa (Gergen, Gergen, 2018) e a quelli informati dalla danza (Bagley, Cancienne, 2002), la video-performance si è proposta come via di presentazione del processo e dei risultati di una ricerca che ha coinvolto operatrici e operatori sociali, volontarie e volontari e familiari di persone con disabilità in Lombardia. Nella progettazione della video-performance la combinazione di immaginazione, sapienza istintiva, razionalità e progettualità ha permesso di moltiplicare storie, visioni e interrogativi sul modo di intendere l’innovazione sociale nei servizi per la disabilità.
Arianna video-performance, frame del video
Arianna video-performance, frame del video
3. Non sapere di non sapere. L’improvvisazione come attitudine pedagogica degli insegnanti di scuola di Laura Corbella  Le e gli insegnanti di scuola incontrano ogni giorno, nelle loro classi, dei micro-concentrati di complessità che difficilmente rispondono a una programmazione didattica ed educativa rigida (Sawyer, 2011).  Negli spazi di agio lasciati tra gli obiettivi ministeriali, le condizioni strutturali dell’ambiente e la numerosità delle classi, avviene l’incontro tra studenti e docenti, un incontro costitutivamente imprevedibile che si muove su piani stratificati: quello generazionale, quello culturale e interculturale, quello delle fasi dello sviluppo, quello della diversità individuale (Ligorio, Pontecorvo, 2010). La modalità più adeguata di rispondere alla complessità crescente dello scenario sociale ed educativo sembra essere attraverso uno spirito creativo e improvvisante. La ricerca mette a fuoco gli atteggiamenti improvvisativi nella pratica scolastica di otto insegnanti di vari ordini e gradi andando a scattare una fotografia del fenomeno dell’improvvisazione in tre istituti comprensivi lombardi, e successivamente interroga tre gruppi di insegnanti in un percorso di ricerca e formazione attraverso gli strumenti dell’improvvisazione teatrale.
Flusso, 2014 
4. Unknown Unknowns e relazioni interculturali: studio mixed method sulla sensibilità interculturale degli studenti della scuola secondaria di secondo grado di Alessandra A. Maiorano Cosa non sappiamo di non sapere sulle relazioni tra persone di origine culturale differente? Siamo consapevoli del mistero che pervade il dialogo e l’irriducibile unicità delle relazioni? Ciò che non sappiamo di non sapere può significativamente influenzare le relazioni, specie le relazioni interculturali, necessitanti di attitudini abilità e conoscenze (Deardorff, 2006) competenze complesse e sensibilità che possiamo sviluppare tutta la vita (Bennett, 2004, 2015).  Questa ricerca è uno studio correlazionale multifattoriale (Fraenkel et al. 2019), con disegno mixed methods sequenziale integrato (Amaturo, Punziano, 2016; Trinchero, Robasto, 2019) sulla sensibilità interculturale (Bennett, 1986, 2015) di studenti e studentesse della scuola secondaria superiore. Particolare attenzione viene posta sul ruolo che può avere la pratica artistica nello sviluppo della sensibilità interculturale oltre alla ricerca di correlazioni significative con indicatori demografici e di contesto. Comprendere atteggiamenti e attitudini verso le diversità culturali è un’operazione complessa ma importante, nell’ottica di un miglioramento delle relazioni umane. La ricerca pedagogica si scontra con l’indefinitezza di competenze multidimensionali che prendono forma nel dialogo e nella relazione, alla ricerca di direzioni di senso che possano orientare le pratiche educative nei contesti di cittadinanza globale.
Centro CFART a Deido (Cameroun), progetto promosso dall'ONG COE (Centro Orientamento Educativo): corso di scultura in gesso, formatrice Maiorano Alessandra (2018).
5. Incognite sconosciute: come il contatto con culture diverse influenza il pensiero degli studenti e come gli studenti resistono alle interazioni orali nelle classi di Hadiseh Azadi  Il linguaggio, oltre a essere un elemento caratterizzante della cultura, è un segno inconfondibile di identità personale ed è essenziale per formare relazioni interpersonali, comprendere le situazioni sociali, ampliare l'esperienza, riflettere sul pensiero e sull'azione. In un contesto internazionale in cui individui di diversa estrazione culturale devono usare una lingua internazionale per comunicare che non è la loro lingua madre, è probabile che si verifichino alcuni comportamenti sconosciuti. Culture diverse entrano in contatto, tali verità stabilite perdono la loro apparente certezza e alla fine gli individui potrebbero cambiare le loro opinioni in conseguenza del contatto (Bochner, 2003). Si dice che le differenze culturali influenzino le convinzioni su aspetti specifici del mondo ma influiscano anche sulla natura del loro processo cognitivo. Si propone il pensiero critico come risultato del contatto culturale e può essere visto come un elemento nel mondo dei significati, della politica, dell'etica, della comunicazione, dei problemi e delle persone. Harvey Siegel afferma che il pensiero critico non può/non deve essere inteso solo come un insieme di abilità cognitive ma deve anche essere un atteggiamento critico (Alston, 1995). Per quanto riguarda questa visione critica, l'indagine sui comportamenti riluttanti degli studenti in contatto con altre culture può essere preziosa per promuovere un insegnamento e un apprendimento efficaci e una vita sociale inclusiva. La resistance theory nell'educazione, ha raggiunto nel suo insieme conclusioni molte sfumate e talvolta contraddittorie che hanno svolto un ruolo importante nella formulazione di spiegazioni teoriche del perché e del come gli individui e i gruppi resistano alle regole organizzative sull’uso della lingua nel contesto universitario (Abowitz, 2000). Al fine di promuovere sensibilità culturale e un ambiente culturalmente inclusivo, questo studio ambisce a migliorare la comprensione di questi aspetti e ad avere rilevanza educativa nelle società multiculturali. I risultati forniranno ai giovani studenti internazionali la possibilità di trovare spazio per creare nuovi significati per i loro percorsi futuri mentre si impegnano per appartenere e venire a patti con le loro differenze culturali e linguistiche (Stritikus, & Nguyen, 2007).
Contact of cultural diversities
6. Unknown Unknowns e oceano: un progetto per promuovere l’educazione ambientale marina e la cittadinanza oceanica attraverso l’utilizzo del cinema d’animazione di Erica Neri L’oceano è un grande sconosciuto, un grande mistero nonostante ricopra gran parte del globo. Per questo motivo le Nazioni Unite hanno proclamato per il periodo tra il 2021 e il 2030 il Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile. Decennio che permetterà di coordinare gli sforzi di ricerca,  che dovranno  estendersi non solo all’analisi degli aspetti fisici, biologici, oceanografici, giuridici del mare, ma anche agli aspetti geografici e ancor più geografico-culturali. Il progetto di ricerca intende lavorare proprio in tal senso dedicandosi allo studio del rapporto tra esseri umani e spazi marini. Il cinema può essere un mezzo di valorizzazione dell'immagine del mare e della sua cultura, in grado di creare affettività anche in coloro che non hanno avuto ancora l'occasione di conoscere direttamente gli spazi marini (Squarcina, Pecorelli, 2017). Si tratta di una ricerca che è inserita all’interno del Prin “Greening the Visual: an Environmental Atlas of Italian Landscape” (PRIN, 2017-0422), un vasto progetto che intende indagare in che modo le rappresentazioni visuali influenzano il discorso ambientale. Il linguaggio prevalente è quindi di tipo visuale e un’unità di ricerca del Prin si stanno dedicando in particolare all’analisi dei prodotti cinematografici d’animazione che rappresentano i paesaggi marini con l’obiettivo di indagare, attraverso dei laboratori che coinvolgeranno insegnanti e studenti della scuola primaria, e attraverso la tecnica della film-elicitation (Krebs, 1975, Bignante, 2011) quali idee ambientali veicolano queste rappresentazioni visuali ai giovani fruitori e quanto siano efficaci per far conoscere loro maggiormente questi spazi promuovendo l’educazione ambientale marina e l’adozione di un atteggiamento di cittadinanza oceanica.
Tuna, 2018 © Marco Rinicella, esempio di uno dei corti d’animazione selezionati per il progetto
Conclusioni Concludiamo il nostro articolo sulle vie pedagogiche di approccio alle Unknown Unknows riconnettendoci al tema delle geografie della diaspora affrontato durante la conferenza svoltasi in Triennale l’8 marzo 2022. Si può considerare il mare come lo spazio idealizzato di una comunità diasporica? Proviamo a rispondere con le parole di Enrico Squarcina: 
"Nella comunità dei velisti, quantomeno fra i suoi membri più coinvolti emotivamente, si possono riconoscere alcuni dei tratti distintivi delle comunità diasporiche. Come i membri delle comunità delle diaspore mantengono una visione, una memoria o un mito circa la patria di origine, allo stesso modo gli attuali velisti si riferiscono al mare come a uno spazio mitico da cui deriva la propria identità e alterità rispetto alla società umana di terraferma, alla quale peraltro appartengono, ma alla quale cercano di sfuggire ritenendola opprimente. Come i membri delle diaspore vedono la terra degli antenati come il luogo di un eventuale ritorno, allo stesso modo i velisti considerano il mare come un luogo, a cui si anela di ritornare, si preoccupano del suo mantenimento, in termini ambientali, o della restaurazione di quella che sentono come la madrepatria. Infine, hanno una coscienza e solidarietà di gruppo, definite dalla persistenza della relazione, magari solo letteraria, con gli spazi pelagici che considerano la loro patria lontana" (Squarcina, 2015).
Riferimenti bibliografici
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