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Triennale Milano
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La Neomerce. Il design dell’invenzione e dell’estasi artificiale, ph. Matteo Piazza © Triennale Milano – Archivi

La tradizione del nuovo: stati dell’invenzione

8 luglio 2022
La tradizione del nuovo, a cura di Marco Sammicheli, è un progetto-mostra del Museo del Design Italiano per la 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano. Partendo dalla collezione del museo e dagli archivi delle mostre internazionali, il progetto illustra le ricerche svolte da singoli, aziende, scuole e collettivi rispetto a sfere dell’esistente sconosciute o non ancora esplorate. La mostra ricostruisce le vicende fondamentali di questo “approccio”, con particolare riferimento alla storia delle Triennali nell’arco temporale 1964 (13ª Triennale – Tempo libero) – 1996 (19ª Triennale – Identità e differenze), che hanno stimolato riflessioni e dibattiti su questioni ancora oggi aperte, come quelle riguardanti l’ambiente, il tempo libero, l'inclusione sociale di identità diverse, la geografia globale e il grande numero.
Già con la mostra Le case della Triennale del 1983 si confermava la vocazione di Triennale a occuparsi di progetto in termini di ricerca, verificandone le certezze, i desideri, le deviazioni e i rigori. Nel 1985 Denis Santachiara curò una mostra per Triennale dall’emblematico titolo La Neomerce. Il design dell’invenzione e dell’estasi artificiale, dove figure molto diverse tra loro come Cinzia Ruggeri, Alessandro Guerriero, Alberto Meda, Franco Raggi, Emanuela Ligabue e Luigi Serafini misero in crisi un modo di procedere. Un design dell’invenzione, come desiderio di alterare l’esperienza creativa, sociale e ambientale.
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La Neomerce. Il design dell’invenzione e dell’estasi artificiale, ph. Matteo Piazza © Triennale Milano – Archivi
“Un design dell’invenzione, come desiderio di trascendere l’esperienza ordinaria, apre l’ipotesi di intervenire ‘disegnando’ il prodotto prima della sua forma e si rende attuale nel momento in cui questo inventare il prodotto sia un ulteriore contributo ‘formale’ al design finale in senso classico. Come l’industria tende a rifornirsi sempre più di know-how e meno di materia prima, il designer può adeguarsi fornendo più ‘ideazioni’ e meno ‘lucidi’. Nel design attuale domina l’interpretazione a scapito dell’invenzione, poche idee e molte varianti ‘eclettiche’, al di là del livello di talento ci sono ragioni di formazione professionale e credenze storicistiche. Sembrerebbe che nel mondo contemporaneo non si possano più fare grandi invenzioni se non organizzati in megacentri di ricerca con ricercatori superspecializzati, e questo è vero. Ma è anche vero che non ci sono più grandi inventori, perché questa pratica, nella società del know-how, viene ad essere distribuita su tutti i livelli sociali: viviamo nell’era di una democrazia dell’invenzione (piccole invenzioni ma di tutti), i brevetti depositati dall’operaio, dal rappresentante, dal direttore di filiale ecc., sono quasi la metà di quelli depositati dalle industrie e, oggi, assistiamo nel paese più industrializzato della terra, gli USA, agli ‘inventori di professione’”.
La Neomerce. Il design dell’invenzione e dell’estasi artificiale, ph. Matteo Piazza © Triennale Milano – Archivi
La Neomerce. Il design dell’invenzione e dell’estasi artificiale, ph. Matteo Piazza © Triennale Milano – Archivi
L’inventore individuale è un fenomeno in espansione, è la versione casalinga dell’innovazione e dell’ideazione artificiale a cui tende la società del know-how che, alimentando una ricerca disinibita e spesso ingenua del nuovo prodotto, alimenta l’artificio come costume di massa.
Quando il designer professionale contemporaneo irride la “verità” del mondo perpetuo perde un’occasione poetica e un esercizio all’immaginazione progettuale. Si allontana dalle potenzialità estetiche soft della ideazione del prodotto, che non solo si aggiunge alla sua forma plastica hard, ma spesso ne condiziona radicalmente l’immagine finale. La riflessione approfondita sui modi di generare “l’invenzione” come vertigine dell’ideazione azzardata del prodotto potrebbe essere un pretesto per un’altra chiave di lettura del progetto del design e dei suoi rimandi formali.
Il design dell’invenzione è soprattutto un’attenzione all’innovazione mediante artifici del prodotto come segno estetico dello stesso, e quindi è plausibile il progettante che inventa nuovi oggetti non tanto perché risolvano nuovi problemi come nell’ipotesi di un brevetto incluso, ma semplicemente perché con quell’apporto ideativo è portatore di un’estetica extra-fisica sul corpo del prodotto finale. Il concetto d’invenzione è da intendersi qui nel suo significato più esteso di ideazione.
L’invito agli autori della mostra è di inventare un prodotto, come un prestidigitatore inventa o scopre un trucco, un artificio che renda nobile l’inganno. Le tecniche innovative non si rivelano nude, ma nel trucco; è per questo accorgimento che l’oggetto interagisce con l’usante in termini emozionali.
(Denis Santachiara, Stati dell’invenzione, in La Neomerce. Il design dell’invenzione e dell’estasi artificiale, 1985)
In mostra progetti di: Alchimia, Barbara Aull, Avant De Dormir, Carlo Bombardelli, Paolo Bodega, Emanuele De Dominicis, Anastassios Michalopoulos, Clara Bonfiglio, B.T.F., Ciclolinea, Ippolita Dal Monte, Paolo Di Bartolomeo, Vincenzo Di Dato, Ivano Boscardini, Nick Di Maggio, Donnelly, Anne-Claude Jeitz, Emanuela Ligabue, Alberto Meda, Ana Salvado Lago, Pietro Mussini, Daniela Puppa, Eugenio Quarti, Franco Raggi, Giorgio Raimondi, Cinzia Ruggeri, Luigi Serafini, Marco Susani, Christoph Tamussino, Francesco Trabucco, Marcello Vecchi, Daniel Weil.