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Triennale Milano
NASA

Infiniti, singoli, momenti di contemplazione

10 aprile 2020
Il 4 marzo 2020, in una Triennale chiusa al pubblico a causa dell’emergenza coronavirus, si è svolto il primo seminario dedicato alla XXIII Esposizione Internazionale, che si terrà nel 2022. Sono stati invitati a dare il loro contributo esperti di diversi campi disciplinari: dall’astrofisica alla filosofia, dall’etologia all’arte visiva, dalla geopolitica alla robotica. Il seminario si è articolato in due momenti distinti, una prima parta dedicata ai soli partecipanti e ai loro interventi e una seconda, riassuntiva, trasmessa in live streaming.
Il team di coordinamento dell'Esposizione Internazionale, che ha organizzato questo seminario, propone alcune iniziali riflessioni sui contenuti e le modalità della giornata. Ognuno di loro offre una sintesi personale della ricchezza e della complessità dei temi trattati. Un racconto a più voci che vogliamo condividere per rendere accessibili le fasi del lavoro preparatorio della XXIII Esposizione Internazionale.
Nella giornata sono stati messi a confronto ambiti di studio quali le immensità dello spazio e dell’oceano, i microcosmi dei virus, degli insetti e del plankton, il pensiero filosofico, economico-ecologico-sociale, storico-artistico e, non ultima, la frontiera dell’intelligenza artificiale. Infine, è stato individuato un focus sull’enorme laboratorio a cielo aperto che rappresenta oggi il continente africano. Con un passo ulteriore, si possono far emergere dal discorso stesso degli esperti argomenti e parole, espliciti o sottesi, che segnano linee di convergenza e snodi metodologici e di contenuto, capaci di accompagnarci idealmente nella nostra ricerca.
Elemento ricorrente, che si parli di oceano, di spazio, di virus o di plankton, è quello dei dati. Dati che la tecnologia e la robotica permettono di raccogliere e restituire in tempo reale e in quantità enorme. L’elaborazione di questi dati consente conoscenza e previsionalità. Ma la loro enorme disponibilità, gestibile solo con l’aiuto dell’IA, come ci ricorda il fisico Roberto Cingolani, apre al quesito etico-strategico-restitutivo sull’interpretazione e sull’utilizzo di questi dati. Quesito ben formulato – sebbene in contesti diversi – dallo storico dell’arte Giovanni Agosti, che parla di “qualità e chiarezza… nell’abbinamento passato/presente” e dal teorico della transizione Panos Mantziaras, che si domanda “How do you put the question?”. Apre altresì al quesito sulla finalità di una tecnologia approntata per la risoluzione di un problema che ne genera uno nuovo, a sua volta bisognoso di nuova tecnologia, in una catena senza fine e senza senso (ancora Cingolani), dove lo sviluppo scientifico comporta “paradossi” quale il debito di longevità e quelli ambientale e cognitivo, incompatibili con un modello sociale sostenibile e coeso.
John Sonntag, NASA
La previsionalità, ottenuta grazie a modelli computazionali, costituisce secondo l’oceanografa Nadia Pinardi un utilissimo strumento nell’Early Warning, nella valutazione del rischio e nell’approntamento di misure di sicurezza. Tuttavia il rischio ambientale risulta estraneo alla capacità percettiva dei sensi, strumento elettivo umano per l’osservazione della realtà, con conseguenti “cecità” e “confusione” rispetto alla complessità del mondo sviluppato, come sottolinea il sociologo Mauro Magatti. Da qui deriva la necessità di recuperare la relazionalità: “io divento mentre faccio diventare”, in contrapposizione con il movimento uni-direzionale del progetto di modernità. Ai sensi fanno riferimento anche il discorso dell’astrofisica Ersilia Vaudo Scarpetta, in quanto prerogativa della vita nell’atmosfera, e quello di Giovanni Agosti, quale strumento di esperienza privilegiata – “intensificazione dell’umanità” – nel rapporto diretto con l’opera d’arte. Mentre la previsionalità diventa nel linguaggio filosofico di Emanuele Coccia “arte divinatoria”, contrapposta a quella “patrimoniale”, in un processo di metamorfosi mutuato dalla natura, essenza della vita stessa, talento a disposizione di ogni forma di esistente.
La circolarità ricorre, come forma elettiva di relazione, nel concetto di salute introdotto dalla virologa Ilaria Capua. Salute integrata nell’intero sistema delle specie definito come “chiuso”, il cui miglioramento può essere determinato grazie ai dati (ancora) con le pratiche di data driven research e data driven science. Di circolarità ci parla l’etologo Donato Antonio Grasso, descrivendo la relazione delle formiche con altri organismi viventi, vegetali e animali, come pure la biologa marina Mariasole Bianco, che analizza la continua interazione oceano/atmosfera, e il microbiologo Francesco Pomati nello studio delle dinamiche che presiedono la biosfera delle profondità. Mentre dalla circolarità sembra allontanarsi Coccia quando ipotizza una creatività continua che, di nascita in nascita, stabilisce sempre nuovi futuri.
Il salto: questo l’argomento che attraversa tutti i contributi. Descritto con forte impatto emotivo da Ersilia Vaudo Scarpetta partendo dalla visione di noi stessi (pianeta Terra) dallo spazio, come paradigma di una “prima volta” percettiva dalla quale non si torna indietro. Giovanni Agosti lo pone nella qualità del linguaggio, ridefinito entro la chiarezza, evocando l’inseparabilità di “bello e vero”. Associandovi la qualità estetica, Panos Mantziaras auspica una “fase transizionale” che, coraggiosamente, porti a “re-iniziare un intero sistema”. Ilaria Capua lo riconduce alla possibilità di considerare la salute globale della biosfera una condizione/estensione di quella umana che, non a caso, include la condizione mentale dell'uomo. Gli studiosi di oceano e biologia marina ripongono nella conoscenza delle acque e nell’osservazione delle loro modalità di vita interne (comparate alle dinamiche del caos) la possibilità di mutuare inedite forme di pensiero. Pensiero che anche per l’etologo è scosso dall’abbandono della visione antropocentrica a favore di una rivoluzione/azione volta a immaginare un nuovo scenario.
Earth at night, detail, NASA
Una trattazione a parte merita l’universo Africa, restituitoci dall’architetto Maria Chiara Pastore, che ricomprende (azzera o amplifica) tutti i singoli punti di vista. Luogo privilegiato per la trasformazione dell’antropocene, il continente africano ne esalta le contraddizioni e ne anticipa la transizione verso forme più mediate di coabitazione tra specie e di innovazione tecnologica a favore dell’inclusione sociale di una popolazione in espansione e alla quale il cambiamento climatico infligge il maggior impatto.
La meraviglia, la relazione, la coscienza. Nel tirare le fila di una giornata che non può essere riassunta, pena svuotarla del suo valore, si può solo registrare quanto affiora e permane come esperienza cognitiva per essere stati presenti. Il ritorno ai sensi per guardare la realtà, superando i vecchi modelli e lasciando spazio alla meraviglia per un pianeta che abitiamo e che, oltre a innumerevoli spazi di conoscenza, ci offre infiniti, singoli, momenti di contemplazione. Il valore della relazione/connessione con l’altro da sé, qualunque ne sia la specie di appartenenza, quale oggetto di empatia, di cura, di valorizzazione. La consapevolezza di chi e dove siamo, della dotazione tecnologica che ci attribuisce “super-poteri” ai quali solo un salto della coscienza può conferire virtù. E per dare forza a quest’ultimo punto, richiamerei lo straordinario simbolo di metamorfosi bruco/farfalla evocato da Coccia, che si attua nel bozzolo, luogo di solitudine dove l’essere si concentra su se stesso, prende coscienza di sé quale essere destinato alla trasformazione e opera un reale salto evolutivo.
Video dell'evento Verso la XXIII Esposizione Internazionale di Triennale Milano del 4 marzo 2020