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Triennale Milano
Progetto grafico del manifesto: Fabrizio Confalonieri, 1998, foto: Giampiero Bosoni

Giampiero Bosoni racconta la nascita della Collezione Permanente del Design Italiano

8 luglio 2021
Nel 1996 inizia il percorso di trasformazione di Triennale Milano da Ente a Fondazione che si conclude nel 1999 sancendo definitivamente il passaggio da un’attività su base triennale a una permanente. A cavallo di questo delicato cambiamento Giampiero Bosoni ‒ architetto, professore ordinario di architettura degli interni e storia del design al Politecnico di Milano ‒ viene chiamato per costituire il primo nucleo della Collezione Permanente del design italiano. 
Il lavoro di costituzione della Collezione Permanente parte dalla ricerca fatta per tre mostre, allestite in Triennale tra il 1995 e il 1996, dedicate al design italiano: 45-63 Un museo del disegno industriale in Italia. Progetto di una collezione a cura di Manolo De Giorgi, Il design italiano 1964 1972. Dalla programmazione alla complessità e Il Design Italiano 1973-1990. Un museo del design italiano entrambe curate da Andrea Branzi che vedevano, tra gli altri, Giampiero Bosoni sedere nel Comitato scientifico. 
Il primo nucleo storico della Collezione Permanente, che raccoglie una selezione di oggetti delle tre precedenti mostre integrata da numerosi altri pezzi scelti per l’occasione, viene presentato il 14 aprile 1997 nell’esposizione Museo del design. Collezione permanente del design italiano 1945-1990 con curatela e progetto di allestimento di Giampiero Bosoni, progetto grafico di Fabrizio Confalonieri, assistenza alla ricerca e all'organizzazione Barbara Camocini e Cristina Miglio.
La Collezione, esposta in un’area di circa 1400 mq al primo piano del Palazzo dell’Arte, è composta da 500 pezzi appartenenti a diverse tipologie: mobili, arredi, oggetti d’uso, mezzi di trasporto, giochi, apparecchi tecnici e componenti edilizie.
La mostra Museo del design, all’epoca costituita da soli prestiti in comodato (in seguito per lo più acquisiti come donazioni) rimane aperta in Triennale per quasi un anno, fino al marzo 1998, per poi essere trasferita in uno spazio-deposito, allora visitabile su appuntamento, presso la nascente Facoltà di Disegno industriale del Politecnico di Milano alla Bovisa. 

Progetto grafico del manifesto: Fabrizio Confalonieri. Foto: Giampiero Bosoni
Progetto grafico del manifesto: Fabrizio Confalonieri. Foto: Giampiero Bosoni
© Giampiero Bosoni
© Giampiero Bosoni

"Questo lavoro è stato molto delicato, ma anche molto interessante, a volte davvero gratificante e naturalmente in alcuni casi anche deludente."
Giampiero Bosoni
In occasione del rinnovamento del Museo del Design Italiano, incontriamo Giampietro Bosoni per ricordare con lui il percorso di sviluppo del primo nucleo della Collezione di Triennale Milano.
Quali sono stati i criteri che ha seguito per selezionare il primo nucleo di oggetti della Collezione Permanente del design italiano di Triennale Milano?
Bosoni: Innanzitutto bisogna ricordare che le tre mostre programmate come preparatorie alla nascita del Museo avevano di fatto presentato delle raccolte di pezzi per i quali non era stata prevista la possibilità di essere donati per la Collezione Permanente. Quindi sono partito verificando la disponibilità di quegli oggetti, ma si è anche trattato di colmare, a mio avviso, certe lacune tipologiche e anche di alcuni campi tecnologici (vedi il tema degli elettrodomestici bianchi) che avevano rappresentato delle ricerche interessanti nelle varie epoche. Penso per esempio alle sedute in feltro di Eugenio Gerli o le ceramiche di Roberto Mango a metà degli anni cinquanta e di altri progetti che erano stati, in parte o del tutto, ignorati nelle mostre precedenti. Va anche detto che dall’incarico all’apertura della mostra ho avuto a disposizione, per tutto questo lavoro, circa sei mesi. 
© Giampiero Bosoni
© Giampiero Bosoni
© Giampiero Bosoni
© Giampiero Bosoni
© Giampiero Bosoni
Farsi concedere i pezzi in comodato per una Collezione nascente avrà significato instaurare relazioni, fornire spiegazioni, confrontarsi e magari anche scontrarsi con aziende, collezionisti e progettisti. Come è andata?
Bosoni: Questo lavoro è stato molto delicato, ma anche molto interessante, a volte davvero gratificante e naturalmente in alcuni casi anche deludente.
Vista l’incertezza della situazione di quel momento, quando Triennale non era ancora costituita in Fondazione – cosa che avvenne circa due anni dopo – molti proprietari di pezzi storici di un certo valore (penso a Vittoriano Viganò, Enzo Mari, Raffaella Crespi, Roberto Menghi, Achille Castiglioni, Nanni Strada, Roberto Mango, Eugenio Gerli, Angelo Mangiarotti per citare alcuni) mi dissero che concedevano i loro pezzi non tanto alla Triennale, la cui situazione era in quel momento molto vaga, ma sulla fiducia a me personalmente, per la buona conoscenza e, in alcuni casi, l’amicizia che ci legava. Ho impegnato tutta la mia credibilità per avere molte donazioni importanti, potete immaginare la mia preoccupazione in quei primi due anni!
Ricordo con grande piacere quando, a pochi giorni dall’apertura, grazie al provvido intervento di Michele De Lucchi, “comparve” tutto d’un tratto la collezione storica “scomparsa” delle macchine Olivetti di cui faceva parte anche la consolle TCV 250 (prod. Olivetti, 1966) di Mario Bellini, di cui al mondo esistono solo pochi esemplari.
© Giampiero Bosoni
© Giampiero Bosoni
Qual è l'oggetto che è più orgoglioso di aver ottenuto per la Collezione permanente?
Bosoni: Faccio fatica a pensare a un unico pezzo: mi sono particolarmente cari il Tavolino in cristallo del 1951 e la poltrona Tre pezzi (prod. Compensati Curvi) del 1946 di Vittoriano Viganò; la macchina per cucire Visetta del 1948 (pro. Visa, 1949) disegnata da Ponti con il suo mobiletto, anch’esso firmato, scovata nella cantina di Lisa Licitra Ponti in via Randaccio a Milano; il giocattolo Disco volante (prod. Vittorio Bonacina, 1959) e la macchina macina caffè da bar Marziano (prod. S.C.A.I. – A.R.C.A. Milano, 1957) di Raffaella Crespi; la serie storica delle graffettatrici Zenith e della Coccoina (prod. Balma, Capoduri & C., 1927); il prototipo della poltrona in poliuretano integrale IN 301 di Mangiarotti del ’68; alcuni pezzi di Mari nelle primissime e rare versioni; i primi pezzi di Paolo Tilche a corredo dei quali c’eravamo procurati alla Rai, grazie all’influenza del presidente di Triennale Milano Pierantonino Berté, una copia dell’unica puntata sopravvissuta del programma Il piacere della casa condotto da Tilche insieme a Mario Tedeschi nel periodo 1956-63.
Per arricchire la Collezione ho donato anche alcuni pezzi della mia collezione privata come il primo portapacchi di Menghi per la Kartell con i nastricord e stecche in legno (Carlo Barassi, Roberto Menghi, Portabagagli, Kartell – Pirelli, 1951) e la sedia Light Light di Alberto Meda (prod. Alias, 1987) che ho chiesto di avere perfettamente sezionata a metà per mostrare la struttura in honeycomb di alluminio rivestita di fibra di carbonio.
 
 
Come era concepito l’allestimento della mostra Museo del design. Collezione permanente del design italiano 1945-1990 che ha progettato per presentare per la prima volta al pubblico la Collezione Permanente?
Bosoni: Il percorso della mostra era articolato in tre parti e seguiva un ordine cronologico che rispettava le cadenze già determinate dalle tre precedenti esposizioni.
L'allestimento era caratterizzato da 417 metri quadri di pedane espositive e 60 metri lineari di scaffalature disposte in blocchi. Ogni scaffalatura era dotata di una fotocellula che permetteva di accendere gli apparecchi elettrici al passaggio dei visitatori.
Con questo semplice ed economico allestimento si voleva da un lato suggerire l'idea di un deposito di oggetti scomparsi e ora riemersi come pure ricordare la necessità di disporre di un deposito in grado di accogliere adeguatamente una collezione che si sarebbe necessariamente ingrandita e arricchita di nuovi pezzi.

Tre pezzi (prod. Compensati Curvi), 1946, design Vittoriano Viganò
Macchina per cucire Visetta, 1948 (pro. Visa, 1949), design Gio Ponti
Tavolino in cristallo, 1951, design Vittoriano Viganò
Colla Coccoina, prod. Balma, Capoduri & C., 1927