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Triennale Milano
Francis Kéré © Lars Borges

Il progetto Yesterday’s Tomorrow dell'architetto Francis Kéré per la 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano

17 marzo 2022
Il vincitore del Pritzker Architecture Prize 2022 Francis Kéré curerà e parteciperà alla 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano con il suo progetto Yesterday's Tomorrow.
In un’epoca in cui si discute la possibilità di stampare in 3D edifici interi, l’intervento architettonico di Francis Kéré alla 23ª Esposizione Internazionale ci richiama alle conoscenze tecniche e materiali che ci hanno accompagnato fin qui e che non dobbiamo dimenticare mentre proseguiamo il cammino.
Come un edificio viene su un mattone dopo l’altro, così la conoscenza ha delle fondamenta sulle quali possiamo costruire pilastri utili a raggiungere nuove altezze. Per fare questo al meglio delle nostre capacità, dobbiamo padroneggiare le lezioni precedenti: improntare il futuro al passato e unire il tempo in maniera partecipata. Nel caso specifico, “partecipato” non significa semplicemente che sono coinvolte molte mani; significa lavorare trasversalmente alle generazioni, trasversalmente all’esperienza, al tempo, alla teoria e alla pratica.
Per raggiungere questo obiettivo, Francis Kéré ha in mente di coinvolgere nella costruzione e decorazione della struttura che sta realizzando per la mostra un gruppo di studenti del Politecnico di Milano insieme ai rappresentanti della diaspora Burkinabè in Italia.
L’intervento utilizza mattoni di argilla ed è formato da un’arcata esterna, attraverso la quale i visitatori entrano nello spazio degli Unknown Unknowns, le “incognite sconosciute” che non sappiamo di non conoscere. La scultura prosegue in forma di un muro che si snoda, lungo il primo corridoio, fino a un’area riparata dove i visitatori possono sedersi e immergersi in questo materiale, che parla a ciò che è stato e a ciò che verrà.
Francis Kéré, Opera Village Phase 1, Laongo, Burkina Faso, 2010 © Courtesy of Francis Kéré
La superficie del muro sarà dipinta in modo da ricordare i motivi usati nell’architettura vernacolare del Burkina Faso. Sono pitture che raccontano storie, che parlano a chi vive in un posto, lo ha costruito e lo protegge. Qui si può esplorare come queste pratiche possono tradursi in un’opera plastica. È un tentativo di non perdere la tradizione, ma di catapultarla in avanti.
Di base, l’intervento integra pratiche e tempi che troppo spesso sono lasciati fuori dalle discussioni dominanti ed eurocentriche sul futuro, o che vengono ammesse solo in quelle già circoscritte e definite. Questa invisibilità, imperante dal tavolo da disegno fino ai discorsi specifici, viene qui sottilmente interrotta ricordando a chi preme per andare avanti l’esistenza di un sapere che deve essere portato nell’“incognito sconosciuto” che ci attende.
La realizzazione dell’intervento e la sua rifinitura sono già partecipate: in più, passeggiando dentro e intorno alla scultura, i visitatori possono aggiungervi se stessi. Il modo in cui l’opera si intreccia e si ripiega su di sé è un invito a interagire, a toccarla, a dialogare. La scultura potrebbe essere usata per ospitare la programmazione di Triennale: conferenze, presentazioni e performance. Portando avanti, così, la finalità dell’opera di essere veramente parte di un dialogo e non un oggetto isolato, lasciato alla periferia di un evento culturale importante.