Sally Gabori, Mornington Island Arts and Crafts Centre, 2008-2012, © The Estate of Sally Gabori © Simon Strong
Sally Gabori e le voci di una comunità
24 marzo 2023
In occasione della mostra dedicata a Sally Gabori, la curatrice di Fondation Cartier pour l'art contemporain Juliette Lecorne ci racconta il suo viaggio in Australia alla scoperta dell’origine delle opere dell'artista aborigena.
Considerata una delle più grandi artiste australiane contemporanee degli ultimi due decenni, Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori cominciò a dipingere nel 2005, intorno agli ottant’anni di età, e sviluppò in pochi anni, prima della sua morte avvenuta nel 2015, un corpo di opere dai colori vibranti. I soggetti dei suoi dipinti sono sia riferimenti topografici alla propria isola natale sia storie alle quali è stata profondamente legata, personalmente o per ragioni inerenti la famiglia o ancora la propria comunità di appartenenza, Kaiadilt.
Tori e Amanda Gabori, © The Estate of Sally Gabori © Gianluca Di Ioia
Nata nel 1924 a Bentinck Island, nel golfo di Carpentaria, situato nella costa settentrionale dell’Australia, Gabori proveniva dalla comunità Kaiadilt, una delle ultime popolazioni aborigene dell’Australia isolana a stabilire legami duraturi con gli europei.
Famiglia, comunità, terra e storie sono, infatti, tutti elementi correlati ai luoghi che ha dipinto, e che questa esposizione, la prima in Italia interamente dedicata alle sue opere, raccoglie. Per più di un anno, il team curatoriale della Fondation Cartier, assieme ai maggiori esperti australiani della cultura Kaiadilt, ha effettuato ricerche su una grande varietà di tematiche, attingendo agli archivi fotografici e video della comunità Kaiadilt, ai resoconti delle spedizioni condotte dagli antropologi negli anni sessanta, ai filmati dell’artista che dipinge nel suo studio nei primi anni duemila, a conversazioni telefoniche, discussioni e ricordi. Questo è stato il processo seguito per avvicinarsi a un tema nuovo e di difficile comprensione da un punto di vista europeo.
Sally Gabori Night in Triennale Milano, foto Gianluca Di Ioia
Accedere agli archivi non è stata un’impresa semplice. La documentazione è presente in molte istituzioni australiane, ma non è mai stata raccolta nella sua interezza. Consultare gli archivi in Australia è raramente gratuito e ottenere copie del materiale è molto costoso. Così la documentazione resta inaccessibile per molte comunità, e il sapere non è condiviso e trasmesso. Inoltre, a volte è impossibile accedere ai documenti senza un chiaro permesso da parte delle comunità. È fondamentale invece far conoscere la storia delle culture First Nation, per avviare un processo di riconciliazione e permettere alle popolazioni direttamente coinvolte di arricchire la documentazione esistente con la loro propria prospettiva. Questa dovrebbe essere la via migliore per inventare un futuro comune, per destare sempre maggiore attenzione verso coloro che sono stati in silenzio per troppo tempo. Farlo con e attraverso le voci proprie alla comunità è stato quindi l’obiettivo di queste nostre ricerche.
Sally Gabori, Mornington Island Arts and Crafts Centre, 2008-2012, © The Estate of Sally Gabori © Inge Cooper
Ho viaggiato con una copia di tutti gli archivi che ho potuto trovare con alcuni membri della famiglia di Gabori. A causa della pandemia, fu deciso di non visitare Mornington Island – nelle settimane precedenti la famiglia aveva dovuto affrontare alcuni lutti, pertanto non si è voluto interferire con il “sorry business”, termine in inglese/aborigeno che indica il periodo di lutto che segue la perdita di un membro della famiglia e tutte le responsabilità che ne seguono secondo la tradizione. Io e il team siamo stati in preziosa compagnia dell’antropologo e linguista Nicholas Evans, specializzato in lingue in via d’estinzione dell’Australia settentrionale e Papua Nuova Guinea. Evans aveva incontrato Gabori quando era dottorando negli anni ottanta e da allora fu adottato dalla comunità. Parla il Kayardild, la lingua della comunità di Gabori. Nonostante i membri della famiglia non parlino più Kayardild, la sua competenza è stata fondamentale per la compilazione degli archivi. Abbiamo quindi deciso di incontrare sei membri della famiglia, dai diciannove agli ottant’anni di età, per una settimana a Cairns.
Nyinyilki, 2011, Bendigo Art Gallery, Bendigo, Australia, © The Estate of Sally Gabori © Simon Strong
Fin dalle prime ore dalla scoperta degli archivi sono emerse molte emozioni. La famiglia si è riconnessa con una tradizione culturale influenzata dall'esilio forzato dei genitori. All'improvviso, l'incontro è diventato un pretesto per gli anziani per raccontare ai più giovani tradizioni e storie, aneddoti divertenti su una zia o gesta eroiche dei nonni, proprio come fa una famiglia. Parlare della storia ha sollevato ogni timidezza favorendo altri membri della famiglia a unirsi alla conversazione. Dei sei riuniti a Cairns, il gruppo finale era di quindici persone, ognuno con qualcosa da raccontare. Mentre completavo la selezione dei quadri per la mostra, Bella Gabori (nipote di Sally Gabori) mi avvertiva: “Questa è arte, ma tieni presente che è anche la nostra storia”.
Foto Gianluca Di Ioia
Allora più che mai, ci siamo convinti che le loro voci dovessero essere ascoltate all'interno della mostra. Ma la domanda era come esporre gli archivi. Avevamo bisogno di creare un sistema per raccogliere tutte le immagini riguardanti Gabori che non trasmettessero la cultura Kayadilt come qualcosa che appartenesse al passato ma al contrario rivelasse la grande vivacità della nuova generazione. Questo strumento era necessario anche come risorsa che la comunità potesse successivamente consultare, oltre che arricchire, e un mezzo per raccontare la propria storia, indipendentemente dalla mostra; è stato quindi creato un sito web dedicato alla storia di Gabori, alla grande artista e donna Kaiadilt che era, così come all'eredità lasciata all'intera comunità. Questo sito è stato costruito mano nella mano con la comunità e sottoposto nella sua versione finale per approvazione. Sarà accessibile per la durata della mostra in Triennale Milano fino al 14 maggio 2023, e attraverso il sito.
Presentando un insieme di più di novanta opere, incluse quelle in mostra, il catalogo è un’altra possibilità di scoprire in profondità il singolare e coloratissimo lavoro di questa pittrice d’eccellenza, e comprende una parte degli archivi e i contributi dei massimi esperti australiani di cultura Kaiadilt e storia dell’arte aborigena: Nicholas Evans, Bruce Johnson McLean, Judith Ryan.
Pat and Sally’s Country, 2011, Patricia Roberts, Melbourne, Australia, © The Estate of Sally Gabori © Simon Strong
L'esilio e lo sradicamento sono forse alcune delle forme di violenza più condivise in un mondo globale plasmato dal colonialismo e dal capitalismo: esodo rurale, emigrazione, appropriazione e privatizzazione della terra, esilio forzato. Abbiamo ritenuto che questo processo di mostrare e raccontare fosse la migliore risposta a come la nostra pratica curatoriale come istituzione artistica potesse trovare un modo per far emergere culture sconosciute attraverso le arti nate dentro le comunità, farle conoscere, come contributo alla riconciliazione.
“Curare” etimologicamente significa “prendersi cura”. Si alzano voci, quelle di coloro che sono stati muti per così tanto tempo, per riconnettersi con la loro storia nella maniera che loro stessi hanno scelto.