Nel corso degli anni, Mangiarotti ricorre anche a tecniche arcaiche come la fusione a cera persa del bronzo e all’utilizzo di materiali poco diffusi o in disuso nel design (come il marmo, che nel dopoguerra aveva perso parte del suo appeal, venendo generalmente associato all’uso che se ne era fatto nel ventennio fascista, o l’alabastro), integrandoli nella produzione in serie e contribuendo al rilancio d’immagine di interi settori artigianali. Spesso è proprio la materia a dirigere il progetto, e al tempo stesso gli stessi criteri progettuali si traducono in forme diverse a seconda del materiale utilizzato. Nel 1978, il già citato sistema Eros, con il giunto a gravità che rappresenta una delle grandi intuizioni costruttive di Mangiarotti viene sviluppato in altri materiali lapidei, come la pietra serena, che però viene lavorata in maniera diversa rispetto al marmo: i blocchi devono essere tagliati, anziché torniti. La lavorazione differente influenza il risultato, e la gamma Incas (da “incastro”) mostra linee più nette, con piani squadrati e gambe a tronco di piramide con sezione trapezoidale. Anche i vasi a forma libera, che sono numerosissimi e compongono una vera e propria costellazione, hanno profili e spessori diversi a seconda della materia di cui sono fatti e delle tecniche di fusione e colatura.