ACCESSIBILITÀ TEATRO
Il teatro non è temporaneamente accessibile tramite ascensore. Per evitare le scale, si accede dal cancello Parco in Viale Alemagna. Il percorso è accessibile anche alle persone con disabilità motoria.
Triennale Milano
© Triennale Milano - 19ª Esposizione Internazionale
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Macchine del Tempo

3 giugno 2022
La Tradizione del Nuovo, a cura di Marco Sammicheli, è un progetto-mostra del Museo del Design Italiano per la 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano. Partendo dalla collezione del museo e dagli archivi delle mostre internazionali, il progetto illustra le ricerche svolte da singoli, aziende, scuole e collettivi rispetto a sfere dell’esistente sconosciute o non ancora esplorate. La mostra ricostruisce le vicende fondamentali di questo “approccio”, con particolare riferimento alla storia delle Triennali nell’arco temporale 1964 (13ª Triennale – Tempo libero) – 1996 (19ª Triennale – Identità e differenze), che hanno stimolato riflessioni e dibattiti su questioni ancora oggi aperte, come quelle riguardanti l’ambiente , il tempo libero, l'inclusione sociale di identità diverse, la geografia globale e il grande numero. L’inaugurazione della 19ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano avviene  in un momento di passaggio per l ’istituzione culturale, che si trasforma da temporanea a permanente. Il tema della mostra è “Identità e differenze. Integrazione e pluralità nelle forme del nostro tempo. Le culture tra effimero e duraturo”. Nel Padiglione Italia, Purini sostiene che l’architettura italiana detiene il ruolo di concentrare e ridurre, distruggere e frammentare, spingere agli estremi e al contempo ampliare le connessioni tra oggetti e contesti. Daniele Del Giudice cura la mostra Il linguaggio degli oggetti: la vetrina, in cui seleziona “moduli e poesie, tracciati, cose non-cose, macchine del tempo, oggetti da esposizione involontari” che sono stati e saranno parte integrante della vita quotidiana.
© Triennale Milano - 19ª Esposizione Internazionale
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19ª Esposizione Internazionale – Identità e differenze
Padiglione Italia Il linguaggio degli oggetti: la vetrina Daniele Del Giudice
Fui condotto in una stanza e lì, come nell’antico gioco orientale per allenare la memoria, mi vennero mostrati degli oggetti. Ci fu una pausa di buio durante la quale, come mi era stato preavvertito, alcuni vennero sottratti. Quando la luce si riaccese mi fu chiesto di dire ciò che mancava. A me sembrava che tutto fosse come prima, oppure che tutto fosse cambiato, che molte delle cose che prima c’erano mi sarebbero sfuggite per sempre, e chissà quante altre invece ne avrei potuto ricordare. Gli oggetti raccolti in questa vetrina non hanno mai sperato di poter essere esposti in una Triennale. Nessuno li ha pensati come opere d’arte o di design, nessuno li ha concepiti per rendere “bello” ciò che è funzionale, né per rispondere al gusto del tempo o di rinnovarlo. Nei nostri giorni hanno assunto però un indiscutibile valore simbolico. Uno di essi, l’avviso di garanzia, [...] diventato grandemente popolare, è stato in realtà visto da pochi, quelli che l’hanno emesso o ricevuto; ma è indubbio che tale modulo, recapitato anche a ministri della Repubblica e perfino a un Presidente del consiglio, sia stato l’oggetto più temuto, più minacciato, e senz’altro il più “titolato” nei mass-media. Il tracciato radar dell’evento di Ustica è un accadimento del passato che continua a essere presente, come ogni passato irrisolto e insepolto. Moduli e poesie, tracciati, cose non-cose, macchine del tempo, oggetti da esposizione involontari, come il corredo del vucumprà, miserabile incarnazione del nostro pensiero dell’altro, di ciò che offriamo alla “diversità”, accendino, acciarino, Aladino, venditori di fuoco e di borse, come se il nomade conservasse nell’emigrazione il commercio di ciò che è più essenziale alla sua natura. 
© Triennale Milano - 19ª Esposizione Internazionale
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Il secolo scorso si è chiuso con la previsione di macchine meravigliose capaci di viaggiare e di conoscere la diversità, di scoprire l’ignoto; sottomarini e razzi interplanetari, come in Jules Verne; questo secolo si chiude con la previsione di oggetti che riguardano prevalentemente l’individuo, e l’individuo di una società tecnologicamente avanzata, individuo immobile, perché è il mondo che viene a lui sotto forma di comunicazione, e in qualche modo di già tutto conosciuto.
Del resto il viaggiatore della Macchina del tempo, inventato da H.G. Wells nel 1895, resta immobile a bordo della sua invenzione, nella rimessa della sua casa, viaggiando nei millenni, poiché la dimensione in cui si muove non è lo spazio ma il tempo.
Anche le macchine del nostro presente e dell’immediato futuro hanno la medesima immobilità, servono per viaggiare nella simultaneità totale, nel “tempo reale”, senza fare un passo nello spazio. Nostalgia delle cose? In certi oggetti d’oggi, nel modo in cui ci vengono proposti, le cose ritornano sotto mentite spoglie.
Tutti i programmi per computer sono e saranno object oriented, destinati cioè a trattare un documento, un testo, come un oggetto, e a raffigurarlo iconicamente come tale. Il software è linguaggio formalizzato, linguaggio macchina in cui un alfabeto usato solo come successione di segni e numeri serve per lavorare sul linguaggio dotato di significato e per trasformarlo in “oggetti visibili”. [...] Lo spazio in cui cercare di definire il rapporto tra il mondo e gli alfabeti, è stato da sempre lo spazio della filosofia, e per molti aspetti il luogo naturale della narrazione. Che ne sarà, di questo spazio, in un tempo di coseparole, e di immaginiemozioni?
© Triennale Milano - 19ª Esposizione Internazionale
Ecco, di queste “macchine” avrei voluto tenere memoria quando la luce si riaccese, ma il nuovo secolo si annunciava senza grandi costruzioni, nemmeno quelle dell’utopia, senza mezzi di trasporto e di scoperta –  come se tutto fosse stato già scoperto, e quello che non si poteva scoprire restava fuori per via della lontananza estrema, lontananza stellare, lentissima lontananza temporale; gli oggetti del nuovo secolo erano oggetti del comunicare, sempre più piccoli, sempre più portatili, quasi annunciassero un’imminenza di telepatia globale, di cui queste piccolissime macchine, e sempre più piccole, erano l’ultima appendice, prima che tutto si ritraesse e si svolgesse solo nella mente e nel cuore.