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Triennale Milano
Boris Charmatz, 2020 © Sébastien Dolidon

Il coreografo Boris Charmatz racconta come nasce la performace 20 danzatori per il XX secolo e oltre

1 settembre 2021
Boris Charmatz è uno dei coreografi più apprezzati della scena performativa internazionale. Nei suoi lavori ha spesso portato la danza al di fuori dal palcoscenico, in istituzioni museali come la Tate di Londra e il MoMA di New York, in luoghi pubblici, in spazi aperti. Lo abbiamo intervistato pochi giorni prima di accoglierlo in Triennale insieme ai performer protagonisti della performance 20 danzatori per il XX secolo e oltre.
Rendere il corpo danzante visibile in mezzo ad altri corpi in movimento è alla base del progetto 20 danzatori per il XX secolo e oltre. Il 10 settembre 2021, su invito di Triennale Milano e della Fondation Cartier, negli spazi del Palazzo dell’Arte, il pubblico potrà scoprire un archivio vivente della danza mentre passeggia tra le mostre e l’architettura del palazzo. Che rapporto cerca con il pubblico? E con lo spazio?
Uno dei punti salienti del progetto è l'orizzontalità. I danzatori si trovano sullo stesso piano dei visitatori, non c'è palco e non ci sono gradinate. Questo crea una sorta di permeabilità tra il movimento dei danzatori e quello dei passanti.
Tuttavia i ballerini offrono un quadro temporale ben lontano dal quotidiano, del qui e ora dei visitatori, visto che tutti presentano assoli del XX e/o del XXI secolo. In un certo senso, il percorso dei visitatori è arricchito dal fatto che viene presentata una sorta di collezione storica, museale ma viva, fragile ed effimera. Il pubblico si confronta con gesti emblematici che riteniamo rappresentino un viaggio attraverso l'arte coreografica del XX e XXI secolo. Il visitatore si trova così improvvisamente di fronte ai movimenti di Martha Graham, Charlie Chaplin, Vito Acconci, Merce Cunningham o d’Anne Teresa De Keersmaeker.
Bryana Fritz © Emmanuelle Raoul-Duval
Julien Monty
Marco d'Agostin © Alice Brazzit
Saso Cristina © Olivier Wecxteen
Si potrebbe dire che la tua pratica artistica esplori i confini della danza nel tentativo di sfidarli, di oltrepassarli, alla ricerca di nuovi territori da condividere con altre modalità di espressione artistica e relazioni inedite con il pubblico. Dov'è il limite di questa sfida?
Per me in realtà non ci sono limiti, perché la danza è uno spazio di libertà: libertà di movimento, certo, ma anche libertà sociale, sessuale e storica. Mi piace pensarlo come un terreno infinito. Ci sono ovviamente i limiti che conosciamo, di natura fisica: posso ancora saltare e piroettare all'età che ho oggi? Quali sono i limiti del mio corpo?
Ma per me la danza è soprattutto uno spazio mentale, per definizione illimitato.
20 danzatori per il XX secolo e oltre è una forma di espansione di ciò che può essere la danza, perché ciascuno dei venti ballerini presenterà 2, 3 o 4 assoli. Ci troviamo di fronte a una vera e propria foresta coreografica che nessun visitatore potrà cogliere appieno. Camminiamo in un universo coreografico che è più ampio di quanto possiamo percepire e questa è una sensazione che amo molto.
Non si tratta di una proposta partecipativa in cui invitiamo il pubblico a ballare con noi, anche se alcuni degli assoli dei venti ballerini a volte vengono trasmessi o insegnati al pubblico di passaggio. È soprattutto un progetto di danzatrici e danzatori virtuosi.
Quello che amo della danza è che si può sempre immaginare qualcos'altro, esplorando più strade. A Manchester ho appena realizzato un progetto con 150 partecipanti che non avevano quasi più bisogno di pubblico, nel senso che stavano creando un ecosistema in grado di funzionare praticamente senza spettatori.

Boglarka Borcsok HD ©Andreas Bolm
Djino Alolo Sabin
Filipe Lourenço
Johanna Lemke © Anne Schönharting
Sotto la tua direzione il Musée de la danse ha proposto diversi formati che spostano la danza dai suoi spazi abituali per in altri territori. Quali sono le esigenze e i principi alla base di questo spazio, sia fisico (come luogo) che creativo (come idea)?
Anche qui, per me la danza è principalmente uno spazio mentale. 
Per dieci anni abbiamo cercato l'architettura ideale per un "Museo della danza", che è il nome che abbiamo dato al Centro coreografico nazionale che ho diretto a Rennes. Abbiamo sperimentato questa architettura nelle scuole d'arte, in musei come la Tate Modern di Londra o il Reina Sofia di Madrid. Abbiamo anche provato a realizzare questo Museo della danza all’interno di scuole di danza o in spazi aperti.
A poco a poco, ho avuto sempre più l'impressione che l’architettura migliore per la danza fosse in realtà uno spazio senza pareti e senza tetti, riconfigurabile a piacimento dall'azione delle persone che sarebbero venute ad abitare temporaneamente in questo territorio, o [terrain]¹. 
Quindi il progetto [terrain] che mi coinvolge oggi è sia concreto che altamente speculativo. Voglio portarlo in spazi verdi, urbani, coreografici, in cui l'architettura principale sarà umana. Avremo sicuramente bisogno di un bagno o di uno spogliatoio, come abbiamo iniziato a immaginare quando ne abbiamo parlato con Stefano Boeri. L'architettura dell’istituzione che sogno è fatta principalmente dei corpi e dei movimenti delle persone che si uniscono per creare un corridoio, per creare più stanze, per creare un teatro, per fare un cerchio di danza... Saranno i corpi stessi a disegnare l'architettura di questo luogo futuro.
Abbiamo già potuto fare qualche test, il primo dei quali si è svolto a Zurigo, con lo Zürcher Theater Spektakel. Da questa prova è nato un film molto bello: TANZGRUND di César Vayssié (2021). Abbiamo organizzato sessioni pratiche e teoriche a partire da questo progetto.
Nel 2022, faremo dei test a Parigi, Lisbona e in Hauts-de-France, perché vorremmo poter installare questo [terrain] sia in modo stabile che itinerante in questa regione nel nord della Francia. Questo è il progetto che mi coinvolge di più in questo momento, ma non rinuncerò a esibirmi nei teatri o nei musei. Non voglio pormi limiti e sono estremamente felice di poter adattare l’opera 20 danzatori per il XX secolo e oltre su invito di Triennale Milano e di Fondation Cartier nel magnifico edificio del Palazzo dell’Arte.
Triozzi Claudia © Olivier Charlot
Benjamin Pech @ Noel Manalili
CHEN Ashley
Elisabeth Schwartz
Hai ideato progetti sperimentali che esplorano le possibili contaminazioni tra linguaggi diversi. Ci puoi anticipare qualcosa sui suoi prossimi progetti?
Al momento sto preparando un assolo chiamato SOMNOLE² in cui ballo e fischietto per tutta la durata del brano. Da ragazzino, fischiettavo a ogni ricreazione fino all’adolescenza. Probabilmente ho perso tempo a non giocare a calcio con gli amici per fischiettare qualunque cosa mi venisse in mente. Questo assolo è anche uno degli effetti del confinamento e dell’emergenza del Covid. Dopo il lockdown, la prima cosa che ho potuto fare è stato andare da solo in sala prove e, come altri 3.776 ballerini e coreografi d’Europa, ho deciso di preparare un assolo. Ma ne sono felice, è la prima volta che faccio un assolo per me stesso. 
Mi piace trovarmi in questo stato estremamente fragile, ma anche musicale, fischiettare le melodie che mi passano per la testa e ballarle in tempo reale.
Sto lavorando anche a un altro progetto più a lungo termine che potrebbe chiamarsi Liberté Cathédrale. È una mia riflessione sull'idea della cattedrale laica e sull'idea di un patrimonio che non è solo cristiano, ma fondamentalmente umano. Sono affascinato dai grandi organi e dalle raffiche di campane; dopo diversi anni di esitazione, provo quindi a lanciarmi in un progetto per organo, campane e corpi in libertà.

Willens Frank ©Sandro_Zanzinger
Soa Ratsifandrihana ©Lara Gasparotto
Olga Dukhovnaya © Bart Grietens
Thomas Asha © Blxckdreadshots
Boris Charmatz 
Danzatore, coreografo, ideatore di progetti sperimentali, direttore del Musée de la danse dal 2009 al 2018 e di [terrain] dal 2019, Boris Charmatz è uno dei protagonisti della scena coreografica francese e internazionale. Da À bras-le-corps (1993) a La Ronde (2021), firma una serie di opere che hanno fatto storia e accompagnato le sue attività di interprete e improvvisatore (in particolare con Médéric Collignon, Anne Teresa De Keersmaeker e Tino Sehgal). Nel 2021, Boris Charmatz crea La Ronde nell’ambito dell’evento Avant-travaux, le Grand Palais invite Boris Charmatz. Il progetto è il tema di un documentario e di un film, entrambi inediti, trasmessi sul canale France 5.
Saldana Marlène © Sébastien Poirier
Manon Santkin © Luc Depreitere
Delaunay Raphaëlle © Thomas Duval
Mazliah Fabrice © Dominique Mentzos
Crediti
Note: ¹ [terrain] è il nome della compagnia fondata da Boris Charmatz) ² In anteprima all'Opéra de Lille il 9 e 10 novembre 2021