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Triennale Milano

I progetti speciali della 23ª Esposizione Internazionale


15 luglio – 11 dicembre 2022
La 23ª Esposizione Internazionale include alcuni lavori commissionati appositamente per l’occasione. Attraverso diversi approcci multidisciplinari, i progetti proposti mirano a offrire spunti di riflessione sull'ignoto che ci circonda. Dalla musica alla scienza, passando per la storia dell'arte, l'architettura e il design, i progetti speciali di questa edizione ribadiscono i concetti fondanti di Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries, ampliandone i risvolti e gli orizzonti.

Francis Kéré alla 23ª Esposizione Internazionale

Francis Kéré

ph. DSL Studio
In un'epoca in cui si discute della possibilità di costruire edifici interi tramite le tecniche di stampa 3D, le opere di Francis Kéré alla 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano ricordano le tecniche e le conoscenze edilizie che hanno portato allo sviluppo tecnologico più recente, non dimenticandone la portata.
Ad accogliere i visitatori fuori dallo spazio espositivo principale è The Future's Present, una torre alta dodici metri decorata con interpretazioni contemporanee di motivi tradizionali d’architettura vernacolare di alcune aree del Burkina Faso. La struttura coinvolge i visitatori sin dall’inizio in un’atmosfera d’esplorazione e in un vortice di immagini che parlano al passato e al futuro.
Tra i padiglioni internazionali, che quest’anno vedono un’importante rappresentazione di Paesi africani, sorge invece l'installazione Yesterday's Tomorrow. L'installazione è composta da due pareti che si curvano l'una nell'altra per creare uno spazio appartato e invitare il visitatore a riflettere sulle grandi domande alla base della 23ª Esposizione Internazionale. Anche in questo caso, le decorazioni parietali ricordano i motivi dell'architettura vernacolare del Burkina Faso, i cui pattern raccontano le storie di chi vive in un luogo, di chi lo ha costruito e di chi lo protegge.
Infine, Francis Kéré ha progettato uno spazio di aggregazione nella caffetteria in stretta collaborazione con Lavazza Group e Triennale Milano. Under a Coffee Tree porta in mostra un'interpretazione di un albero sotto il quale le persone possono incontrarsi, proprio come il rito del caffè riunisce persone da tutto il mondo.
Alla loro base, tutti gli interventi di Francis Kéré affrontano pratiche e temi troppo spesso lasciati fuori dal mainstream, affrontati in maniera superficiale e già definita all’interno di conversazioni eurocentriche sul presente e sul futuro. Ognuna delle sue opere coinvolge tutti i sensi dello spettatore e respinge una certa pressione a guardare sempre avanti, controbilanciando con un approfondimento di una conoscenza troppo spesso trascurata e che potrebbe fare da guida negli “Unknown Unknowns” che attendono di esser esplorati.

Il corridoio rosso

Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa

corridoio-rosso
ph. DSL Studio
L'installazione è un progetto di Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa con l’allestimento di Margherita Palli e una consulenza illuminotecnica di Pasquale Mari. Il set è la ricostruzione, estremamente realista, di un corridoio di una casa borghese del primo Novecento, dove il mistero si cela dietro a ogni porta. Entrando e uscendo dalle stanze, l’osservatore è stimolato a riflettere sui limiti della conoscenza. Il percorso, su e giù per i tempi della storia, risale a Leonardo da Vinci, con uno studio di una luna antropomorfizzata, e scende verso i “pittori dell’immaginario”. Allora l’uomo si affaccia sui fenomeni naturali della terra o scatena la propria fantasia, fino ad accorgersi che lì sono gli abissi di quello che sarà chiamato inconscio. L’unica uscita possibile da questo montaggio di attrazioni – dove lo spettatore è lasciato senza scampo – non potrà che essere da una tomba etrusca, mentre resterà ignoto cosa si cela dietro la porta in vetro smerigliato in fondo al lungo corridoio rosso.

Playing the Unknown

Francesco Bianconi

ph. DSL Studio
Una stanza buia, accessibile a due persone per volta, gioca sulla paura atavica dell'oscurità per attivare la percezione sonora dei visitatori. Al centro, la ricostruzione fedele di un Mellotron, una forma rudimentale di campionatore inventato in Inghilterra nel 1963 e molto diffuso tra gli anni '60 e '70 nella musica rock. Nei Mellotron reali ogni tasto innesca un loop audio di sette secondi, in questa installazione ogni tasto fa partire una singola traccia di una canzone originale di Francesco Bianconi – musicista, scrittore e front man dei Baustelle – intitolata L’ignoto e accende un monitor sul fondo della sala. Ogni monitor contiene un loop video: un dettaglio degli abissi marini, di cui conosciamo solo il 19%. Il loop rimanda così a un ignoto “reale” e vicino, reso indecifrabile dalla sua presentazione in forma di ritaglio. Se premute contemporaneamente, le campionature audio si animerebbero come diversi componenti di un'orchestra riproducendo per intero L'ignoto, e, simultaneamente, gli schermi illuminerebbero la stanza. Questa condizione, tuttavia, visto l'accesso limitato a due persone per volta, non potrà mai verificarsi, impedendo di fatto al visitatore di disvelare l'ignoto e i suoi misteri.

Andrea Branzi. Mostra in forma di prosa

Andrea Branzi, Lapo Lani

© Tineke Schuumans - Verbeke Foundation
La mostra, che avrà luogo all’interno del Teatro dell'Arte di Triennale Milano, realizza una nuova modalità espositiva del design che abbandona la fisicità degli oggetti per raccontare, attraverso il mezzo filmico, la produzione teorica e progettuale di uno dei massimi esponenti del design italiano e internazionale in una successione di eventi, progetti, immagini, testi teorici, testi in prosa e in versi. Il mediometraggio, della durata di circa trenta minuti, introduce, insieme ad una serie di immagini, musiche e documenti di artisti, alcuni dei progetti più importanti di Andrea Branzi sviluppati in circa sessanta anni di attività. Alla base di tutto c’è un percorso che parte dalla No-stop City e procede, come le linee di Nazca, attraverso un territorio che va dagli Archizoom e i numerosi gruppi Radical di Firenze, fino alle sfide contemporanee dei nuovi rapporti tra città, agricoltura, industria e natura, su cui si innestano il design, l’arte e le relazioni umane. Viene così riletto l'impegno di un intellettuale capace di anticipare e interpretare le recenti trasformazioni della civiltà occidentale, segnate dalla crisi della modernità e indirizzate verso gli aspetti più complessi e indecifrabili della postmodernità: un racconto diviso in parti frammentarie e separate che parte dall’assunto che l'esistenza non ha mai uno sviluppo lineare, ma attraversa stagioni tra loro disomogenee.

Alchemic Laboratory

Ingrid Paoletti

ph. DSL Studio
Il laboratorio alchemico è un luogo esperienziale che invita a mettere in discussione il concetto di materia. Il laboratorio è di colore giallo: giallo come quello della natura – che serve per attrarre l’impollinazione –, giallo come le luci che proteggono dalla radiazione diretta i sensori di micro-elettronica e, infine, citrinas – giallo limone – come uno dei quattro colori della trasmutazione alchemica.
Tendiamo a pensare alla trasformazione della materia come processo scientifico lineare e prevedibile, ma cosa succede se sfumano i confini tra naturale/artificiale, vivo/inerte, estrattivo/cresciuto? Una serie di crisi – energetica, ambientale, sanitaria, sociale – ci ha impartito un’amara lezione: la natura può essere indisponibile e non rispondere ai nostri desideri. Allora se perdiamo la padronanza del processo, se crediamo in una nuova cultura materiale consapevole, se la materia fa valere le sue ragioni progettuali, si apre la strada all’immaginazione, all’inaspettato, alla vitalità che crea.