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Triennale Milano
saburo
Eyes Off, © Saburo Teshigawara

La stagione teatrale 2022 di Triennale: tutte le forme di un eroe nostalgico

23 luglio 2022
Nostalgia, smarrimento e manipolazione sono i nuclei tematici dell’imminente stagione teatrale 2022 di Triennale, in cui i corpi non sono terreni neutrali. L’adattamento è elemento imprescindibile di ogni romanzo di formazione che si rispetti: nel suo viaggio, l’eroe non torna mai identico a sé stesso e sulla propria strada incontra figure archetipiche del mutamento. Ma dalla narrazione contemporanea dell’eroe ci sono delle rimozioni: ad esempio, il fatto che nel percorso verso l’alterità si può vacillare, ci si può rammaricare di essere stati oggetto di manipolazione, ci si può persino smarrire nelle zone di confine. I protagonisti della stagione 2022, invece, presentano una fisionomia inedita e venata di malinconia: come per Odisseo, a ogni sponda che toccano lasciano un frammento di sé, rimestando nel passato per gettare una rifrazione nuova sul futuro.
Nella società dello spettacolo al suo apogeo filtri, inquadrature e alterazioni sono l’utopia febbrile e incarnata con cui ci opponiamo a qualsiasi forma di determinismo, socio-politico o genetico che sia. Da ottobre a dicembre 2022 al teatro di Triennale va in scena il sogno irriverente di farci creature senza discendenza, da sé partoriti e perciò assoluti, sciolti da ogni vincolo che possa inchiodarci a una modalità predefinita dell’esistenza.
Per la prossima stagione teatrale, “lo sguardo sul mondo” di Triennale prende atto della tendenza di questi tempi incerti verso la rappresentazione esibita, ma allo stesso tempo ne cerca il rovescio, cioè il patrimonio celato agli occhi. In uno scenario cacofonico di segni con cui si agghindano i profili (reali e virtuali), la stagione vuole chiudere gli occhi per contemplare il mistero di tutto ciò che, seppur non visto, reclama cittadinanza nell’impero delle cose discrete. Mentre tutto cambia, ci serve una canzone di veglia a presidiare sui resti. Ancorandosi ai punti fermi della scena performativa internazionale, e con il proposito di sfruttare le opportunità che l’arte offre per orientarsi in scenari complessi, il cartellone della stagione teatrale 2022 di Triennale presenta una mappa, seppure imperfetta e frastagliata, per l’eroe contemporaneo, costretto alla pressione di contesti in cui persino la precarietà e la minaccia si mascherano con il vestito buono della domenica.
Per sottrarsi alla dittatura della gradevolezza, i personaggi cercano l’aritmia, le intermittenze del canone, le malformazioni. Contrariamente all’imperativo del progresso, che ci immette in percorsi inesorabili verso un “meglio” semanticamente non definito, si voltano a guardare le tracce, soffiano sulla polvere, si dedicano al recupero. Lì dove tutto si cancella, spazzato via dalla logica additiva dei contenuti transitori, la stagione invita lo spettatore a tornare sui propri passi. Anche quando il viaggio lo plasma fino a che non si riconosce più, l’eroe può riabitare una casa interiore fatta di fondamenta che non si possono deturpare. Eppure, il mutamento esteriore esige sempre un obolo dallo spirito e viceversa: la vita morale e quella fisica costituiscono un fascio indistinguibile in cui a ogni alterazione cosale corrisponde un moto nostalgico. L’eroe-uomo qui rappresentato è tipicamente omerico, cioè polytropon nel duplice senso di “multiforme” e di vittima esposta agli strali di un destino coraggiosamente provocato.
I protagonisti della stagione teatrale
Per questo, durante il viaggio, sono previsti momenti di spaesamento, persino di dubbio, quando l’eroe incontra sulla propria strada figure archetipiche del mutamento. Come shapeshifter dai contorni permeabili, gli mk reagiscono all’incontro accogliendo l’altro, muovendo il corpo verso condizioni liminali di integrazione. La compagnia, guidata da Michele Di Stefano, artista associato di Triennale Milano Teatro, lavora su alcuni aspetti rimossi dalla narrazione vincente del romanzo di formazione: ad esempio il vacillamento legato all’esistenza, quando questa è praticata nel senso di ex-sistĕre, cioè uscire fuori da sé per sfiorare l’alterità.
Michele Di Stefano, ph. Elio Castellana
In questa terra di mezzo gli spettatori incontreranno anche corpi che presidiano le zone di confine: sono gli esseri androgini di François Chaignaud e Nino Laisné, artisti polimorfi essi stessi, capaci di spaziare dalla scrittura visuale a quella musicale, dalla passione per il folklore al pop. Nell’ibridazione tra musica, danza e canto, tra tradizione barocca spagnola e pas de deux, la fisionomia dei personaggi velati di nostalgia rappresenta il perfetto rovesciamento artistico di un percorso accidentato di ricerca identitaria.
François Chaignaud, © Laurent Poleo-Garnier
In questo frenetico cercarsi da parte dell’eroe, che altro non è che il tentativo che compiamo continuamente per incasellarci e provare la confortante sensazione di appartenere a qualcosa (forse a qualcuno), il protagonista-eroe della stagione mostra saggezza nell’affondare il colpo dentro l’ignoto, perché prova a ospitarlo internamente. Non fuggono, ma al contrario si immergono nella luce liquida del giorno che cede il passo alla notte, Saburo Teshigawara (Leone d’Oro alla carriera 2022) e Rihoko Sato. I due danzatori giapponesi costruiscono ecosistemi artistici in cui il cuore si sospende e il terrore si scioglie nel movimento.
Saburo Teshigawara, Glass Tooth, ph. Toshiaki Yamaguchi
Persa la pelle e nudo di fronte all’io-da-divenire, al protagonista-eroe non resta che cucirsi addosso i frammenti di ieri. E allora guarda indietro e prova a riappropriarsi della memoria, facendo un atto di ricomposizione dei trascorsi: è il tentativo del coreografo e danzatore statunitense Trajal Harrel, già noto per la sua ricerca tra le subculture della danza contemporanea. In Harrel, la storia personale e quella delle pratiche artistiche si intersecano, in un tentativo perpetuo di conservare l’identità in accordo con la memoria collettiva.
Trajal Harrel, © Orpheas Emirza
Così accade in Deflorian/Tagliarini, artisti associati di Triennale Milano Teatro, per i quali gli stimoli dell’immaginario collettivo si infrangono sulle autobiografie. Il duo riflette sulla riemersione del ricordo di una dolce vita, fatta di umanissimo pudore e magia di incontro: non c’è, nella loro proposta, nessuna finzione che possa esorcizzare la malinconia di un passato irrecuperabile.
Deflorian/Tagliarini, © Luca Del Pia
Lo scavo archivistico, invece, è l’artificio illusorio per agire sul tempo, di cui fa uso Romeo Castellucci. Già Leone d’Oro alla Biennale di Venezia, il regista Grand Invité di Triennale manipola il tempo ma anche lo spazio, con un’installazione incentrata su luce e suono: nello spazio-tempo distorto si avventura lo spettatore, novello odisseo multiforme.
Romeo Castellucci, ph. Eva Castellucci
Destino dello spettatore-eroe sembra quindi essere il nomadismo perenne, tra una condizione dolente e il suo riscatto attraverso la rielaborazione. Nella proposta della compagnia indipendente Proton Theater, fondata da Kornél Mundruczó, l’identità dei soggetti, migranti perpetui, giunge all’adattamento attraverso una soluzione estrema: la regressione a uno stato quasi vegetativo in cui obliarsi, al solo scopo di resistere ancora e ancora. Ma c’è ancora una speranza per l’eroe confinato negli angusti limiti del proprio destino: lasciar andare una parte di sé, farsi duttile abbastanza da rigenerarsi in forma nuova. Valentino Villa, regista, voice trainer e video artist, ci ricorda che le crepe creano un passaggio sottilissimo, attraverso cui accedere a spazi inediti: così anche di fronte a un trauma che sembra inesprimibile si può sperare nel miracolo della creazione.
Valentino Villa, ©Claudia Pajewski
L’eroe-protagonista della stagione teatrale 2022 di Triennale transita osmoticamente tra le forme del sé, accogliendo la nostalgia e il senso della perdita. Rassegnatosi all’imperscrutabilità del futuro, si appresta ad affrontarlo con lo scudo della propria fluida esperienza. E con lui, fate buon viaggio.
Kornél Mundruczó, ph. Sándor Fegyverneki