La verità romanzesca
23 aprile 2020
A partire da un commento all'opera di Alessandro Manzoni Storia della colonna infame, lo scrittore Sandro Veronesi, in conversazione con Gianluigi Ricuperati, tra i curatori del Public Program di Triennale Milano, riflette sulla verità storica e sul ruolo che essa ha svolto nell'evoluzione del genere romanzesco in Italia, attuando un confronto con le tradizioni letterarie di altre nazioni europee e internazionali.
La Storia della colonna infame, ambientata a Milano durante la peste del 1630, racconta la storia di due uomini, Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora, che, giudicati untori e ritenuti responsabili della diffusione dell'epidemia, vengono condannati a morte. A Milano, nel quartiere Ticinese, fu eretta una colonna a testimonianza della loro infamia che fu abbattuta solo nel 1778, in seguito all'attestazione della loro innocenza. Sandro Veronesi la definisce "una storia talmente grottesca da essere diventata l’emblema della persecuzione giudiziaria. Un testo che viene citato molto spesso tutte le volte che qualcuno deve lamentare una persecuzione o un'ingiustizia da parte dello Stato o della magistratura. La colonna doveva ricordare perennemente l’infamia del barbiere Gian Giacomo Mora. Un secolo e mezzo dopo si sono accorti che era una vittima e la colonna è stata abbattuta. Il ricordo della colonna, per contrappasso, infama e getta disdoro su tutte le persone coinvolte in questa persecuzione."
Sandro Veronesi ricorda che esistono due versioni della Storia della colonna infame: una del 1840 e una nel 1823, quest'ultima antecedente alla prima edizione dei Promessi Sposi, che risale al 1927. La versione del 1823 è considerata la prima non fiction in senso moderno, in cui l'autore ha la possibilità di usare la sua creatività per inventare i dialoghi fra i personaggi e raccontare una storia. Questa prima soluzione viene sacrificata dal Manzoni in nome della verità storica che ricerca con la seconda versione dell'opera.
Particolare dalla descrizione del supplizio di Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora nel 1630 con la colonna infame
"Manzoni è uno degli scrittori più fantasiosi, più ricchi di digressioni che abbiamo avuto, in qualunque epoca, eppure ha strozzato tutto questo in nome della verità storica e si è messo in discussione da solo. Nella letteratura italiana questo resta il tema di fondo: i romanzi sono ancora considerati in Italia, un po’ anche in Francia, in questo nucleo irriducibile di Europa, ‘una robetta’, delle invenzioni che si sfarinano". Sandro Veronesi imputa alla scelta di Manzoni di attenersi nella sua produzione letteratura al cosiddetto "vero storico", il diffuso scetticismo verso il genere romanzesco e le verità che esso può portare con sé che ha caratterizzato e, in parte, caratterizza ancora la narrativa italiana.
"La Storia della colonna infame presenta dei temi attuali, però presenta anche un tema classico, anzi è proprio l’origine del problema legato alla tradizione della narrativa italiana. Da lì e dall’atteggiamento di Alessandro Manzoni nei confronti del suo stesso testo scaturisce quella tradizione rachitica del romanzo in Italia, se confrontata con quella dei nostri vicini francesi, degli inglesi, dei tedeschi o dei russi, che hanno una tradizione fortissima proprio perché alimentata nell’800. Anche noi avevamo cominciato molto bene con i Promessi Sposi, ma è lo stesso autore di quel capolavoro che, anziché crederci, nel giro di pochi anni disconosce tutto. Tutto ciò che non era basato sul vero, su documenti storici, sullo storicismo non aveva valore. Ha condizionato tutto il XX secolo italiano; nel XIX secolo, praticamente non sono stati scritti romanzi perché l’Italia era assorbita dal successo del melodramma, e quindi non guarda ad altro. Nel XX secolo, l'Italia ha avuto i suoi romanzieri, ma sempre privi di fiducia nella verità romanzesca che è stata messa in discussione in maniera drastica proprio da chi ce l’aveva fatta conoscere. La Storia della colonna infame, nella prima e nella seconda versione, sono i testi che servono a capire perché in Italia ci sia ancora e ci sia stata questa refrattarietà ad accettare il romanzo come strumento portatore di grande letteratura, ma anche di verità."
Immagine di Francesco Gonin per l'edizione del 1840 della Storia della colonna infame
La famosa stroncatura di Benedetto Croce al Manzoni ha a che fare proprio con il vero storico: l'autore dei Promessi Sposi viene accusato di antistoricismo. "La feroce critica che Benedetto Croce ha ispirato alla Storia della colonna infame riguarda proprio la verità dei fatti perché, per quanto in nome di quest'ultima il Manzoni abbia sacrificato la prima versione dell'opera che era quella narrativa e più godibile, la verità dei fatti era basata su acquisizioni che in un secolo sono cambiate. Benedetto Croce ispira una stroncatura a partire proprio dalla verità storica raccontata. Mentre non si sarebbe sognato nessuno di stroncare la prima versione."
All'interpretazione di Manzoni si oppone quella di suo nonno materno, Cesare Beccaria, che alla fine del Settecento aveva recuperato la storia di Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora.
"Beccaria riconosce l’assurdità della tortura, considerata delle istituzioni dell’epoca la prova della verità: si diceva che la gente sotto tortura dicesse il vero. Beccaria dice che questa è l'aberrazione: senza la tortura, quella storia non esisterebbe. Manzoni, invece, che è molto più moderato e non direbbe mai nulla contro le istituzioni, sostiene che lo sbaglio non è delle istituzioni, ma del libero arbitrio dei giudici, che sbagliano perché guidati dal male. Essi male interpretano gli strumenti che hanno a disposizione. La colpa non è delle istituzioni o della giurisprudenza dell’epoca, ma degli uomini, che è poi la poetica manzoniana. Il fatto storico importante, però, era quello evidenziato da Beccaria: il fatto che quegli uomini potessero avvalersi della tortura. Questa verità storica viene restituita da Croce quando stronca la seconda versione del Manzoni della Storia della colonna infame”.
Nella parte finale dell’intervista, parlando della situazione di difficoltà che l'emergenza sanitaria ci chiama ad affrontare, Sandro Veronesi, architetto di formazione, sostiene l'importanza di riprogettare gli spazi che ci circondano: "Le task force, i comitati tecnico-scientifici, gli istituti superiori hanno bisogno di architetti. Quando ci sarà la riapertura avremo a che fare con un problema di spazi. Se non chiami l’architetto, la vita non ricomincia."
Sandro Veronesi è uno scrittore. Si è laureato in architettura a Firenze nel 1985. Tra i suoi romanzi più noti: La forza del passato (2000, Premio Viareggio, Premio Campiello), Caos calmo (2005, Premio Strega), XY (2010, Fandango, Premio Flaiano 2011, Premio Super Flaiano 2011), Viaggi e viaggetti. Finché il tuo cuore non è contento (Bompiani), Non dirlo. Il vangelo di Marco (2015, Bompiani), Un Dio ti guarda (2016, La Nave di Teseo), Cani d'estate (2018, La Nave di Teseo), Il colibrì (2019, La Nave di Teseo). Collabora con numerosi quotidiani e riviste letterarie.