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Foto di Johnny Miller/Unequal Scenes

Perché le disuguaglianze riguardano tutti

26 settembre 2024
Da Milano al mondo, dalla vita microscopica dei batteri ai grandi flussi migratori, i relatori del Forum Inequalities, che si è svolto l'11 settembre 2024, hanno sviscerato nelle sue tante sfaccettature una delle questioni ineludibili del presente: la disparità di risorse economiche, sociali, sanitarie e culturali tra gli abitanti del pianeta. E hanno provato a capire come sia possibile invertire la rotta.
Il 10% della popolazione mondiale è responsabile della produzione del 29% dei gas serra che ogni anno vengono rilasciati nell’atmosfera. Tuttavia, non è – e a maggior ragione non sarà nel prossimo futuro – questa percentuale di umanità a pagare il prezzo più alto del riscaldamento globale. Se, come pensano gli studiosi, entro la fine di questo secolo la temperatura media del pianeta dovesse registrare un aumento di 3°C o 4°C, metà della superficie terrestre potrebbe diventare inabitabile scatenando enormi ondate migratorie da Sud a Nord e un ulteriore travaso di risorse e competenze nella stessa direzione.
Forum Inequalities
Un bambino, o una bambina, che vede la luce in Giappone può sperare di superare 85 anni di età, mentre l’aspettativa di vita alla nascita in una serie di paesi dell’Africa subsahariana, dal Ciad alla Somalia, non raggiunge i 60 anni. L’85% delle vittime dell’incendio della Grenfell Tower, il grattacielo andato a fuoco nel 2017 a Londra, apparteneva a minoranze etniche. Secondo l’ultima edizione dell’indagine OCSE PISA, l’Italia ha il più importante “math divide” – il divario, cioè, tra maschi e femmine per quanto riguarda l’apprendimento della matematica – tra gli 80 Paesi partecipanti. Questo vuol dire che moltissime ragazze tenderanno a non scegliere percorsi universitari nell’area STEM e, più tardi, a rimanere escluse da tutta una serie di strade professionali che potrebbero rivelarsi più gratificanti di altre anche dal punto di vista economico.
Richard Sennet, Forum Inequalities
Quelli appena elencati sono soltanto alcuni tra i numerosi dati snocciolati l’11 settembre durante il primo forum di avvicinamento alla prossima Esposizione Internazionale, in programma da maggio a novembre 2025, ma bastano a ricordare l’urgenza del tema scelto. Le disuguaglianze, infatti, sono più presenti che mai nel mondo contemporaneo e, anzi, rischiano di diventare ancora più feroci nel prossimo futuro sull’onda dello sviluppo tecnologico e della crisi ecologica. I numerosi esperti, artisti e ricercatori chiamati a dare il loro contributo mettendo in moto una sorta di intelligenza collettiva hanno esplorato diversi aspetti del problema lavorando su molteplici scale: dalla dimensione globale della geopolitica e delle migrazioni (tema degli interventi della giornalista britannica Gaia Vince, che ha parlato di “secolo nomade” e del filosofo della scienza Telmo Pievani, che si è concentrato sul legame tra perdita della biodiversità e deriva sociale) a quella più locale delle disparità nella distribuzione delle risorse tra il centro di Milano e le sue periferie (oggetto di un’analisi del Social Inclusion Lab dell’Università Bocconi), fino all’infinitamente piccolo dei batteri e al loro ruolo nelle nostre vite e nelle nostre case (al centro della riflessione degli storici dell’architettura Beatriz Colomina e Mark Wigley).
Gaia Vince, Forum Inequalities
Dal momento che lo spazio urbano è la principale arena nella quale si scontrano le esigenze di gruppi di persone dotate di capitali economici, sociali e culturali differenti, l’urbanistica è per forza di cose in prima linea nello studio delle disuguaglianze. Il sociologo americano Richard Sennet, consulente per le Nazioni Unite, ha parlato nella sua lectio di “diritto alla città” e dei diversi modi in cui i cittadini possono esercitare il proprio potere sull’ambiente fisico. Uno dei concetti chiave è quello della porosità degli edifici, che permette la compenetrazione di funzioni e la condivisione: è ciò che avviene, per esempio, lungo le mura di Avignone, colonizzate nel tempo da piccoli negozi e bazar gestiti da migranti, o ancora a Delhi, nel più grande mercato di elettronica del territorio indiano cresciuto in maniera informale a Nehru Place, una delle poche oasi di convivenza pacifica tra musulmani e induisti. L’architetto e urbanista Carlo Ratti ha portato il caso, studiato nell’ambito del Senseable City Lab del MIT da lui diretto, della città di Porto, in cui una serie di tweet geolocalizzati e di dati riguardanti il reddito degli abitanti sono stati incrociati e utilizzati per mappare fenomeni di segregazione sociale – i cosiddetti “ghetti” dove la politica è chiamata a intervenire prima che accadano eventi pericolosi  come nel caso già citato della Grenfell Tower, dove secondo l’architetta Nazanin Aghlani e l’avvocata Kimia Zabihyan un mix letale di pregiudizi e incuria ha portato alla morte di 72 persone.

Francis Kéré, Forum Inequalities
Federica Fragapane, Forum Inequalities
Seble Woldeghiorghis, Forum Inequalities
Black History Months, Forum Inequalities
Se gli urbanisti si impegnano ad abbattere le barriere che separano l’umanità, in maniera letterale ma anche metaforica, gli artisti hanno un importantissimo ruolo di mediatori e possono contribuire a ridurre le disuguaglianze valorizzando attraverso la loro arte oggetti e persone discriminati. Ne è convinto il poliedrico intellettuale Theaster Gates, che alcuni anni fa ha esplorato il monumentale archivio della Johnson Publishing Company, la storica casa editrice di riviste di culto per la comunità afroamericana come Ebony e Jet, mostrando a tutti la ricchezza della cultura “black”. Costruire una narrazione positiva della “blackness” che possa essere utile ai nuovi italiani di pelle scura, accendendo i riflettori sugli artisti italiani di origine africana – definiti ironicamente “afrospaghetti” – e su figure storiche come il partigiano italo-somalo Giorgio Marincola, raccontato anche dallo scrittore Wu Ming 2, è l’obiettivo dei Black History Months Milano, una delle realtà ispirate all’esperienza americana sorte negli ultimi anni nelle principali città italiane. Un altro efficace esempio di “storytelling di comunità” è il progetto Radio Ballads, promosso dalle Serpentine Galleries di Londra e descritto dal curatore Hans Ulrich Obrist: in continuità con il programma radiofonico della BBC che porta lo stesso nome, andato in onda a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, il museo ha raccolto ballate e racconti provenienti dalle diverse comunità della città metropolitana dando voce a gruppi di persone e problematiche che raramente beneficiano dell’attenzione dei media.
Secondo l’antropologo Tim Ingold, autore di una keynote lecture sul tema del nuovo umanesimo, le abilità artistiche e creative saranno indispensabili per l’uomo di domani, insieme ai sensi, alla voce e alla capacità di manipolare gli oggetti. Una volta esauritasi la “bolla digitale”, infatti, e quando avremo capito che l’intelligenza artificiale oggi così di moda è troppo energivora per essere sostenibile, torneremo a vivere in un mondo prevalentemente analogico dove dovremo per forza parlare, toccare, fare e immaginare in prima persona per cavarcela. 
Rivivi il Forum Inequalities dell'11 settembre 2024
Crediti
Fotografie di Gianluca Di Ioia