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Triennale Milano
Pasionaria – La Veronal © Alex Font
Pasionaria – La Veronal © Alex Font

Le immagini robotiche de La Veronal: intervista a Marcos Morau

17 maggio 2022
In occasione della quinta edizione del festival FOG, il 13 e il 14 aprile 2022 la compagnia spagnola La Veronal, diretta dal coreografo Marcos Morau, ha presentato in Triennale lo spettacolo Pasionaria, distopia visionaria e futuristica.
Marcos Morau – direttore della compagnia (da lui fondata nel 2005) – studia coreografia all’Institut del Teatre di Barcelona, al Conservatorio Superior de Danza di Valencia e al Movement Research di New York. La sua formazione artistica non si limita alla danza, estendendosi anche alla fotografia e al teatro. Tra i molti e prestigiosi premi e riconoscimenti, l’artista ha ricevuto il National Dance Award 2013 dallo Stato spagnolo e il Sebastià Gasch Award. I lavori de La Veronal sono regolarmente presentati in festival e teatri di rilievo in tutto il mondo: Théâtre national de Chaillot di Parigi, Biennale di Venezia, Oslo Opera, Julidans Amsterdam, Tanz im August di Berlino, Roma Europa Festival, Sadler’s Wells di Londra. Abbiamo avuto il piacere di intervistare Morau durante FOG22.
Video: Stefano Conca Bonizzoni
Marcos Morau © Vanesa Gomez
Marcos Morau © Vanesa Gomez
L’ispirazione per i tuoi spettacoli viene da immaginari molto diversi tra loro, dalla cultura letteraria alle arti visive. A me la Pasionaria ha fatto pensare a letture come il Bestiario di Cortázar o a tutto un mondo audiovisivo sul post-umano, da Metropolis a Blade Runner. Quali sono state le tue risorse creative di riferimento?
Penso che i riferimenti arrivino sempre con schemi incrociati, dal cinema, dalla letteratura e anche dalla fotografia. In questo caso, la miscela di tutto questo è molto evidente: da Solaris di Tarkovskij al cinema di Lynch, dal retro-futurismo alla nostalgia per Kubrick. Essere un creatore nel nostro tempo significa anche essere erede di un intero secolo e di un intero modo di intendere l'arte, dovendo tuttavia guardare avanti e continuare a sviluppare nuovi modi di guardare.
Da coreografo, il tuo lavoro è un po’ come l’opera di uno scultore, perché regali delle forme plastiche ai corpi dei danzatori. In questo processo drammaturgico basato sulla scrittura del gesto, quale spazio creativo e di improvvisazione lasci ai performer?
Possiamo dire che tutto è fisso, tutto è scritto con precisione millimetrica, ma a differenza dei robot noi siamo umani e i nostri giorni e i nostri corpi cambiano e mutano costantemente. All'interno della partitura coreografica ci sono una libertà e una vita propria che noi de La Veronal rispettiamo e incoraggiamo. Penso che la dualità tra precisione e libertà sia meravigliosa: la prima per migliorare giorno per giorno, la seconda per poter fluttuare tra emozioni e personalità.
Pasionaria – La Veronal © Mario Zamora
Pasionaria – La Veronal © Mario Zamora
Nello spettacolo abbandoni ogni forma di realismo e lasci che i personaggi di Pasionaria assumano delle forme innaturali e disarticolate, che potenzialmente creano uno straniamento nello spettatore. Che peso hanno, nella composizione della scena tramite partitura fisica, l’asimmetria o la ripetizione del gesto? 
In Pasionaria ci comportiamo come androidi che imitano gli umani. La logica è spostata e l'ossessione della meccanizzazione del gesto è evidente. L'idea è sempre quella di generare distanza da qualsiasi aspetto emozionale dell'essere umano, sottrarre il “significato umano” e darne uno legato alla macchina e al corpo svuotato da ogni espressione. Durante il processo di lavoro abbiamo imparato a trasformare il corpo in quello strumento che obbedisce a sequenze e schemi lontani da qualsiasi armonia o elemento organico che ci ricordi noi stessi.
Cosa significa per te “progresso” e cosa pensi della tendenza delle arti performative a integrare dispositivi avanguardistici come la VR?
Il progresso è necessario e fa parte della vita. La società affronta nuovi problemi con ripercussioni globali come la recessione economica, l'immigrazione, l'esodo dei rifugiati, la preoccupazione per l'ambiente, il terrorismo o la superficialità delle reti sociali. Pasionaria è un'allegoria del futuro ma dove il presente viene effettivamente messo in discussione. In Pasionaria tutto avviene senza profondità, senza emozione. La vita e il tempo sono leggeri, veloci: riusciamo a malapena a prenderli. Sempre con un alone comico e surreale, lo spettacolo ci presenta esseri simili a noi, distaccati, lontani dalle emozioni e dalle passioni in una società dove l'individuo risulta più forte del gruppo, dove il collettivo è sempre caos e l'individuo è sempre egoista. Potrebbe essere questo il pianeta Terra? Può darsi. Il progresso è necessario e sono convinto che ci aiuterà in molti aspetti della nostra vita. Ma allo stesso tempo genera un nuovo modo di comunicare, di relazionarsi e infine di essere. Pasionaria cerca di mettere in scena alcune situazioni: situazioni assurde e tristi, strane e lontane, con accenni di umorismo e profonda riflessione.
Pasionaria – La Veronal © Alex Font
Pasionaria – La Veronal © Alex Font
Hai dichiarato di volere, con questo spettacolo, “accendere una fiamma nello spettatore”. I protagonisti quasi-umani di Pasionaria sembrano imprigionati, invece, in una incomunicabilità assoluta tra di loro, vittime dell’alienazione e del senso di vuoto. Come si fa a comunicare un’assenza? 
Nulla è vuoto di nulla. Prima bisogna assimilare questo. In seguito abbiamo cercato di generare una malinconia dal fatto di renderci conto che siamo macchine e non abbiamo niente dentro. Fumiamo. Non ci guardiamo, non sentiamo niente. Come in Caravaggio la luce è importante per la sua assenza, in Pasionaria l'emozione è centrale per la stessa ragione. Si tratta di elevare ciò che non c'è.
La musica è, per un performer, molto più di un accompagnamento: determina il ritmo vitale della scena. Quando scrivi uno spettacolo, che tipo di rapporto instauri tra la tematica, gli elementi sonori e gli intermezzi silenziosi?
Sono un grande consumatore di musica di tutti i tipi e amo il rapporto atmosferico della musica che incombe su qualsiasi spazio scenico (non solo per la danza che è legata alla coreografia come schema ritmico). Pasionaria inizia con la Passione secondo Giovanni di Bach e finisce con la Passione secondo Matteo: tutto quello che succede tra questi due universi si tinge di una carica retro-futuristica, di un tempo in cui i sintetizzatori speculavano sull'immaginazione di un futuro lontano. Oggi ascoltiamo tutto questo da un luogo che ci fa sentire nostalgici e che si adatta molto bene al senso di perdita, all'assenza di speranza.