Negli spettacoli de La Veronal i performer agiscono a volte all'unisono, a volte intrecciandosi in maniere impreviste, per costruire quella che è a tutti gli effetti una narrazione performata, stratificata, a volte pura danza, ma sempre con una tensione verso altro, verso qualcosa che riesco solo a definire come "ulteriore". E in questa ricerca, che è inesausta e a volte può sembrare anche ai confini dell'ossessione, la chiave d'azione cruciale è il corpo, con tutte le stratificazioni che oggi porta con sé. "Non è possibile pensare il corpo al di fuori del contesto in cui si muove – spiega Morau. Nel XXI secolo il corpo è carico di significati e di eco di quello che vuol dire essere una donna o un uomo o vivere diverse tipologie di identità. Il movimento della danza è senza tempo, è totalmente libero, ma quando parliamo del corpo stiamo parlando di dove viviamo, del contesto in cui ci troviamo: il corpo assume sfumature diverse se ci troviamo in Italia o in Spagna, oppure in Senegal o in Corea… Il corpo è sempre stato presente nella storia dell'arte: nella scultura, nella danza. Nel secolo scorso il balletto classico è stato a lungo il canone, ma oggi, finalmente, il corpo sta sperimentando molti cambiamenti, molta diversità e non avendo più confini c'è la reale possibilità di trovare molte risposte. Oggi puoi cambiare il tuo corpo, non è più un valore assoluto e immutabile, puoi adattarlo al tuo tempo, puoi decidere di essere altro… Oggi il corpo è una sorta di macchinario che sta intorno a te, ma hai la possibilità di controllarlo, per renderlo più vicino a chi tu sei realmente".