Triennale Milano
Raffaello, La scuola di Atene, 1509-1511

Franco Lorenzoni sul ruolo dell’arte nella scuola e sulla relazione inclusiva tra musei, scuole e città oggi

30 luglio 2020
Franco Lorenzoni conclude il ciclo di incontri di Triennale Estate “Una scuola grande come il mondo”, dedicato alla scuola e alla sua relazione con il museo. A partire dalla quarantennale esperienza della Casa-laboratorio di Cenci, il centro di sperimentazione educativa fondato nell’estate del 1980 e che Lorenzoni coordina, il maestro di scuola elementare e autore del libro I bambini pensano grande (Sellerio, 2014) riflette sul ruolo dell’arte nella scuola e sulla relazione inclusiva tra musei, scuole e città oggi.
Franco Lorenzoni in dialogo con Paola Nicolin
“La Casa-laboratorio di Cenci, che è nata esattamente l’estate di quarant’anni fa, nel 1980, era stata voluta da un gruppo di insegnati che desiderava fare tutto ciò che a scuola non si può fare: guardare la notte il cielo o esplorare un bosco… e abbiamo scelto un luogo in Umbria isolato e molto bello, perché i bambini hanno bisogno di natura, di bellezza, di arte per allargare il loro desiderio di conoscere. Per chiunque educa, il desiderio più grande è che passi un desiderio di conoscenza, di incontrare il mondo, di incontrare gli altri. In questo gioca un ruolo fondamentale la bellezza, nel senso proprio di bellezza concreta: l’arte.”
“Sono certo che sostare davanti a un’opera d’arte arricchisca enormemente l’immaginario dei bambini; li arricchisce e è un luogo attorno al quale si può costruire comunità. Faccio un esempio: in una prima elementare dove ho insegnato abbiamo iniziato il nostro anno scolastico con Giotto. Abbiamo sempre cominciato l’anno con un artista – e questa è una idea di Roberta Passoni che ne ha scritto molto. Questo significa che tutti noi insegnati, ciascuno con le proprie qualità e le sue capacità, prova a offrire a un gruppo di bambini misti, dalla prima alla quinta elementare, un modo di entrare nel quadro. Ogni gruppo di bambini ha un solo quadro, un affresco in questo caso, e per due mesi lo osserva e prova a entrare in quel quadro attraverso la danza, attraverso storie, ricalcando i contorni, guardando i colori, rappresentano con il corpo… tanti modi per 'frequentare' quell’oggetto culturale. [...] Se guardi un quadro con 22 bambini, è come se lo guardassi con 44 occhi, ti possono raccontare qualcosa che non hai immaginato. Questa per me è la costruzione collettiva della conoscenza.”
“Sbagliamo quando pensiamo che i bambini debbano essere messi in contatto con qualcosa ridotto a loro misura, immaginando che abbiano un'intelligenza primitiva, semplice. I bambini sono capaci di profondità incredibile.”
Franco Lorenzoni
“Tu scrivi che dobbiamo ripartire dai bambini per riaprire la città?”
Paola Nicolin
“Durante il lockdown ho fatto un sogno: ho sognato che i bambini si riappropriavano delle città e gli adulti non potevano andare in giro se non accompagnati dai bambini. Certe volte la politica ha bisogno di una visione. E certe volte quella visione è data da un evento non previsto. Come questo. Qualcosa può migliorare se ci lavoriamo molto, e con molto rigore. Questa è una proposta: immaginiamo attorno alle scuole delle isole pedonali e piantiamo degli alberi affinché le scuole siano riconoscibili dalla presenza degli alberi. Creiamo uno spazio attorno alle scuole – perché siano riconoscibili come spazio dove succede qualcosa di altro. In questo, i musei possono svolgere un ruolo importantissimo.”
“I bambini amano scavare. Amano nascondersi e cercare: due cose cruciali dell’infanzia. Allora un museo dovrebbe essere questo: un luogo dove si può nascondersi e cercare, e scavare. Non bastano i bambini sdraiati a terra per copiare Giotto. Si può fare qualcosa di più e in particolare in questo momento in cui ci troviamo in uno stato di shock, uno shock che ha messo in luce le fragilità.”
"I bambini hanno qualcosa da dire sulla città: in un quartiere di Roma Sud è stato riaperto un percorso attraverso delle rovine e un giardino per volere dei bambini. I bambini sono dei grandi alleati nello scovare bellezza nella città."
Franco Lorenzoni
"Questo è secondo te un momento per indurre il bisogno di formazione, un momento per incentivare una conoscenza di pedagogia radicale, di educazione sperimentale italiana, di relazioni tra musei e insegnati e studenti?”
Paola Nicolin
"Negli anni Novanta ci sono stati esperimenti di didattica come La scuola adotta un Monumento, a Palermo, o La Scuola adotta la città, che sono casi nei quali la scuola esce dall’aula. Se sono i bambini a portare il pubblico in un luogo, a scoprirne la bellezza, allora la ricerca non è astratta ma ha il compito di rendersi un oggetto fruibile dagli altri. Allora per i bambini prepararsi a presentare un luogo – o fare una mostra – pensando che loro sono coloro che conducono a quest’esplorazione, crea comunità: c’è una oggettività del riuscire, non c’è competizione, perché tutti desiderano che tutti facciamo il meglio possibile. È come in teatro. Se gli insegnati sono qui capaci di entrare in una relazione di dialogo con i ragazzi, ascoltando le loro idee, non pensando solo al percorso che porta alla fine, alle opere da spiegare, succede qualcosa. E in questo caso è la scuola che si progetta uscendo. Non progetta l’uscita ma esce per progettare, invertendo i termini.”
"Faccio un altro esempio: lavoravamo da molti mesi su Raffaello e La Scuola di Atene ed è venuto fuori il problema di come Raffaello abbia potuto raffigurare Platone pur non avendolo mai visto. Allora ho raccontato che Raffaello rappresenta Platone come fosse Leonardo da Vinci – che infatti aveva conosciuto. Platone è il maestro così come Leonardo è il maestro. Questa operazione dimostra come si possa immaginare una cosa antica partendo da una moderna già vista. È la nostra esperienza l’unico luogo cui attingiamo per andare lontano nel tempo. Questa è una operazione molto complessa, e i bambini amano la complessità. La cosa peggiore che puoi fare a un bambino è dare spiegazioni in modo semplice, perché non susciti domande, curiosità.”
"Quello che l’arte può fare oggi ha a che fare con il tempo, con la sosta. In un mondo in cui tutto passa, c’è un audio senza video o un video senza audio, dico scherzando, ovvero c’è con un momento con le opere d’arte nel quale c’è un video senza audio e tu sei lì a lungo, nessuno ti spiega e fai i conti con questo mistero. Bisogna stare molto attenti alle spiegazioni che uccidono l’intelligenza e la fantasia. Sapere delle cose può essere molto utile e interessante – ma non ci possiamo mettere tra l’opera e il bambino, altrimenti l’opera non si vede.”
Franco Lorenzoni
Franco Lorenzoni è un maestro di scuola elementare e insegna a Giove, in Umbria. Nel 1980 ha fondato ad Amelia la Casa-laboratorio di Cenci, un centro di sperimentazione educativa. Il suo ultimo libro è I bambini pensano grande (Sellerio).