"Le posizioni nazionaliste, sovraniste, razziste escono politicamente devastate da quello che sta accadendo. Quello che abbiamo conosciuto negli ultimi dieci anni, il riemergere del razzismo e del nazionalismo, entra in una crisi politica. Questo non vuole dire che scompaia la pulsione a confinarsi. Qui usciamo dal campo della pandemia e entriamo nel campo della geopolitica dei prossimi anni: io ho la sensazione che sia definitivamente crollato il primato dell’Occidente. […] Avremo bisogno dell’immigrazione di centinaia di migliaia, di milioni di africani nel momento in cui il Vecchio Continente, essendo vecchio, mostra di non avere più l’energia fisica e psichica per fare fronte a quello che gli capita. [...] Il razzismo non scompare, ma mostra in modo sempre più evidente la sua demenza."
"Quello che è accaduto negli ultimi trent’anni, negli anni di Internet, è che il contatto con la pelle è stato progressivamente sostituito dalla connessione puramente informativa. [..] Io mi ero convinto che il vero problema, sul piano sociale e politico, fosse una riattivazione della capacità congiuntiva, della capacità di costruire solidarietà e contatto. Ora entriamo nell’incubo definitivo, perché il connettivo ha definitivamente preso il sopravvento e il congiuntivo è diventato il nemico e il pericolo assoluto. Come ne usciremo? La prima impressione è che non ci sia niente da fare, che il corpo sia definitivamente perduto e che noi siamo intrappolati in una situazione che i caratteri di un tecno-totalitarismo. Però, io arriverei piano alle conclusioni; ho l’impressione, anzi, che siamo arrivati a un punto in cui l’incantesimo si può rompere. Forse, fra un anno o cinque anni, penseremo alla connettività come un sintomo della malattia. Si apre la possibilità di rimettere in gioco, prima di tutto sul piano inconscio, sul piano percettivo, questo distanziamento che, prima Internet e poi la pandemia, ci hanno imposto."