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Triennale Milano
© Ilaria Rodella

Il sound artist Attila Faravelli fa riflettere sulla percezione del suono

17 settembre 2021
In occasione dell’ultima settimana del campus Summer Escapes, insieme al sound artist Attila Faravelli e all’attrice Alice Bescapé, abbiamo condotto le bambine e i bambini in una serie di giochi che avevano come obiettivo la presa di consapevolezza del mondo sonoro che esiste di per sé, indipendentemente da noi.
Nella giornata trascorsa con i bambini avete unito esercizi che lasciavano riflettere concretamente  sul proprio corpo e sul contesto sonoro, entrambi calati in una dimensione spaziale precisa. Qual è la relazione tra corpo e suono?
 
Tutti i giochi proposti cercano di rendere esplicito il nostro posizionamento. A percepire — che si tratti di suono o altro — è sempre un corpo in movimento in un punto specifico dello spazio — anch’esso in costante trasformazione — in cui ci sono altri corpi e altri materiali. Questo campo di relazioni complesse determina l’esperienza, in qualche modo la guida. Lo psicologo della percezione James Gibson chiamava affordance — invito all'uso — le qualità fisiche di un oggetto che suggeriscono le azioni appropriate per manipolarlo. Ogni oggetto possiede le sue affordance, così come le superfici, gli eventi e i luoghi. Ad esempio una superficie piatta possiede l'affordance di camminare sopra ad essa, una superficie verticale dà l'affordance di ostacolare un movimento o di blocco di un movimento. Tutto ciò non è un vincolo alla libertà, bensì ciò che rende possibile la specificità irriducibile di ogni esperienza. Una grande compositrice di musica elettronica francese, Eliane Radigue, usa una metafora per descrivere l'esperienza di ascoltare la sua musica; immagina un gruppo di persone di fronte a una superficie acquosa, un lago o un fiume. Ogni persona, dalla sua posizione specifica, vede dei riflessi diversi. Ciò che è prossimo, per definizione, non coincide. In questo senso l'esperienza che facciamo del suono è sempre posizionata.
© Ilaria Rodella
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Il mondo sonoro sul quale avete voluto richiamare l'attenzione dei bambini non è quello più familiare della musica o dei segnali acustici, in cui l'uomo è esplicito destinatario dei suoni prodotti. Perché è importante rendersi consapevoli del mondo sonoro che esiste di per sé, a prescindere da noi?
 
Ci sono intere correnti del pensiero contemporaneo il cui punto di partenza è una critica al correlazionismo, ovvero all'idea che non esista nulla al di fuori dell'esperienza umana. Il famoso quesito filosofico "un ramo che cade in una foresta fa rumore anche se non lo ascolta nessuno?" è viziato da tale atteggiamento di fondo: ci sono culture — meno intasate da segni umani come la nostra — in cui una domanda del genere non avrebbe alcun senso. 
I giochi proposti cercano di mostrare come la realtà non sia un dato statico, una materia grezza e inerte da trasformare attraverso la nostra supposta intelligenza creativa quanto piuttosto un campo di forze dinamico e vitale, di cui peraltro noi siamo una parte. 
Vi faccio un esempio: a un certo punto i bambini e le bambine hanno iniziato a sfregare con delle sferette di ferro la meravigliosa scultura sonora di Pinuccio Sciola che è nel parco. Cosa produceva il suono? Pinuccio Sciola, i bambini, le sferette?
Dal nostro punto di vista a produrre il suono era la relazione contingente tra i bambini, che movimentavano delle sferette fatte di un materiale duro, con della pietra di cui lo scultore ha saputo valorizzare le proprietà risonanti. 
Il punto non è tanto diventare consapevoli di un mondo sonoro che esiste a prescindere da noi quanto comprendere che noi siamo parte di un flusso di materia ed energia in costante trasformazione, e questa trasformazione produce degli sfregamenti che generano sia il suono stesso che la sua percezione.
Avete proposto ai bambini diverse attività. L'ultima prevedeva, grazie a microfoni particolarmente sensibili, di ascoltare in cuffia rumori dell'ambiente circostante che a "orecchio nudo" non si sarebbero mai percepiti. L'esperienza rendeva, così, rumoroso ciò che si sarebbe detto silenzioso e, al contempo, generava tra i bambini in ascolto e in attesa un silenzio spontaneo. Qual è il ruolo del silenzio nella vostra proposta educativa e artistica?
 
C’è un noto paradosso di Zenone in cui il filosofo sosteneva che un chicco di grano, cadendo, non fa alcun rumore mentre una grande quantità di chicchi, cadendo, fa rumore. Questo non ha ovviamente alcun senso: vi assicuro che, usando i miei microfoni, un chicco di grano che cade fa un rumore assolutamente assordante! È una questione di scala. È sufficiente per esempio guardare lo spettrogramma di una registrazione fatta in una qualsiasi area di campagna per vedere che durante milioni di anni di evoluzione sul pianeta terra ogni animale ha trovato un range di frequenze entro cui comunicare senza essere sentito dai propri predatori: sembrano delle vere e proprie stazioni radio, ognuna nella sua banda di emissione. Semplicemente noi non siamo in grado di sentire tutto. L'esercizio proposto ai bambini e alle bambine cerca di dimostrare che il silenzio non esiste, almeno sul pianeta terra. I microfoni, che di solito si usano per fissare i suoni, in questo caso sono stati utilizzati per creare un senso di vertigine acustica.
© Ilaria Rodella
Attila Faravelli
Attila Faravelli è un sound artist e musicista elettro-acustico, approccia il suono in termini di fenomeno  materiale e relazionale. Con la sua pratica esplora le relazioni che intercorrono tra suono, spazio e corpo.
Alice Bescapé
Alice Bescapé si è formata come operatrice di teatro sociale nel corso triennale della Fondazione teatro Fraschini in collaborazione con l’Università degli Studi di Pavia. Perfezione le tecniche teatrali frequentando la Scuola di teatro Arsenale di Milano.
Crediti
I campus estivi Summer Escapes di Triennale Milano sono resi possibili anche grazie al supporto di Scalo Milano.