Enzo Mari va alla XVI Triennale di Milano
19 novembre 2020
Rivoluzione e riformazione della Triennale
Nel 1979 inaugura la XVI Triennale con l’obiettivo di rinnovare il ruolo dell’ente in piena crisi di identità dopo le vicende legate al Sessantotto. Per questa edizione i fondi sono pochi, a malapena sufficienti per la gestione ordinaria del Palazzo che inoltre versa in pessime condizioni. “Decidemmo di aprire per sfida” dichiara l’allora presidente, il sociologo Giampaolo Fabris.
A partire da questa edizione Triennale inizia a costruire il proprio assetto di laboratorio istituzionale di ricerca e sperimentazione nonché di centro permanente per la produzione di eventi legati alla cultura del progetto – aprendosi anche ad ambiti fino ad allora esclusi come gli audiovisivi e la moda – e a gettare le basi per l’istituzione di un proprio sistema di archivi.
Con queste premesse l’Esposizione viene articolata in tre cicli della durata complessiva di due anni e due mesi, ognuno con un fitto calendario di mostre ed eventi legati a cinque temi: conoscenza della città, il progetto di architettura, la sistemazione del design, il senso della moda, lo spazio audiovisivo.
Lavori di allestimento nel Palazzo dell’arte in vista dell’apertura della XVI Triennale, 1979 © Triennale Milano – Archivio fotografico
La sistemazione del design
La sistemazione del design è una delle tematiche principali della XVI Triennale e vede sedere nel comitato scientifico Mario Bellini, Achille Castiglioni, Ettore Sottsass jr. e Filippo Tartaglia sotto la guida di Gae Aulenti (responsabile di giunta) e il coordinamento di Franco Origoni e Franco Raggi in collaborazione con Michele De Lucchi. Posta come assunto la difficoltà di individuare per il design confini disciplinari certi, la mostra Inizio di un censimento, verso la raccolta, presentata nel primo ciclo, si pone lo scopo di esplorare le problematiche legate a produzione, consumo e uso degli oggetti e di documentare, in una visione antropologica del design, le diverse forme assunte dalla cultura del progetto dell’epoca.
Il censimento inizia dalle poetiche individuali di 12 designer italiani – il numero è condizionato dalle risorse limitate e dai tempi ridotti - invitati a presentare una riflessione sul proprio lavoro (oltre che a partecipare fisicamente all’allestimento della mostra sempre a causa della suddetta mancanza di fondi).
Furono coinvolti autori molto diversi tra loro per metodo, cultura, poetica e visione politica: Mario Bellini, Francesco Binfaré, Andrea Branzi, Achille Castiglioni, Riccardo Dalisi, Paolo Deganello, De Pas-D’Urbino-Lomazzi, Enzo Mari, Roberto Sambonet, Richard Sapper, Ettore Sottsass, Superstudio/Adolfo Natalini.
Lavori di allestimento della mostra La sistemazione del design - Inizio di un censimento, verso una raccolta © Triennale Milano – Archivio fotografico
Eppur si muove!
Per concepire la sua installazione –che di fatto si configura come un esperimento politico e sociale - Enzo Mari prende spunto dalla celebre frase, attribuita a Galileo Galilei, usata solitamente per esprimere un dubbio nei confronti del senso comune: “Eppur si muove!”.
Una grande ruota in legno di tre metri di diametro è issata su una struttura di tubi innocenti, sulla quale è fissata tramite un perno decentrato, e riporta tre parole:
“Rivoluzione” scritta componendo le lettere con petardi e fuochi d’artificio;
"Riformazione” con elementi del meccano;
“Restaurazione” con lettere tombali a carattere Bodoni.
Le istruzioni invitano il pubblico a: 1) far ruotare il disco, 2) tenere saldamente, 3) riflettere.
Ruotando il grande disco si può scegliere di fermarlo nella posizione che rende leggibile una delle parole, una posizione ideologica più che fisica.
Mari prevede che le parole più scelte sarebbero state “Rivoluzione” o “Riforma” e cosi progetta il disco in modo che una volta lasciata la presa esso ritorni sulla parola “Restaurazione”.
Enzo Mari durante i lavori di allestimento dell’opera Eppur si muove, 1979 © Triennale Milano – Archivio fotografico
Inaugurazione della mostra La sistemazione del design - Inizio di un censimento, verso una raccolta, durante il primo ciclo di mostre della XVI Triennale, 1979 © Triennale Milano – Archivio fotografico
L’invito è a una presa di posizione individuale, a darsi da fare per mantenere in auge la parola (l’ideologia) scelta; ma anche collettiva, a organizzarsi con altri visitatori per condividere lo sforzo ed evitare l’eterno ritorno della “Restaurazione” (delle vecchie idee, dell’assenza di dibattito).
Come da sua prassi metodologica, Mari osserva i visitatori e verifica che pochi sono quelli che si adoperano per ruotare il disco e ancora meno quelli che coinvolgono gli altri per proseguire collettivamente lo sforzo.
Nella visione che Enzo Mari ha del proprio lavoro e del ruolo del design, la responsabilità individuale e l’autocoscienza collettiva occupano un posto centrale, centralità che l’autore esplicita in una nota sul disegno autografo pubblicato nella pagina del catalogo della mostra: “La scelta – facile o difficile – può comunque essere fatta, forse il problema sorge dopo”.
*L’opera Eppur si muove fa oggi parte delle opere e del Fondo Archivistico che Enzo Mari ha donato al Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma, CSAC.
L’installazione Eppur si muove in funzione, XVI Triennale Milano, 1979
Disegno di Enzo Mari pubblicato sul catalogo “Sistemazione del design, raccolta del design, XVI Triennale Milano”, 1979 © Triennale Milano – Archivio fotografico
Dov’è l’artigiano?
Nel dicembre del 1981 inaugura il terzo ciclo di mostre legato alla XVI Triennale.
In una cupola geodetica di 26 metri di diametro posizionata nel parco, Enzo Mari allestisce Dov’è l’artigiano, mostra presentata in occasione della 45° Mostra Internazionale dell’artigianato tenutasi a Firenze nella Fortezza da Basso tra aprile e maggio del 1981.
La cupola geodetica posizionata nel giardino di Triennale Milano in cui è allestita la mostra Dov'è l'artigiano, durante il terzo ciclo di mostre della XVI Triennale, 1981 © Triennale Milano – Archivio fotografico
Il percorso espositivo affronta la questione del lavoro artigianale definendone i parametri ed esemplificandoli attraverso l’esame dei settori in cui si manifesta. Il presupposto è che l’artigiano per essere tale deve avere il possesso del proprio lavoro e la capacità di produrre esperienza. Ciò implica che nella realizzazione di un prodotto le fasi del lavoro – dalla progettazione all’esecuzione – non possano e non debbano essere scisse.
Nel panorama degli oggetti presentati si sottolinea come i prodotti venduti come artigianali vengano spesso realizzati a macchina in serie mentre diversi aspetti della produzione industriale siano effettivamente realizzati a mano dagli artigiani (si pensi per esempio ai prototipi dell’industria automobilistica ma anche alle grandi turbine, agli strumenti di precisone ma anche ai prodotti dell’industria del mobile).
L’artigiano come motore immobile della produzione industriale più che di quella definita come artigianale, spesso piegata alle logiche dell’artigianato artistico e del kitsch.
La mostra prende in esame tutte le declinazioni del lavoro artigianale ovvero: la qualità artigianale nel contesto industriale (prototipi, strumenti, stampi, quasi prototipi, il cantiere); gli estremi del lavoro (per pochi, per poco); la tradizione oggi (da funzionale a decorativo, da decorativo a decorativo, ancora funzionale); la ricerca espressiva (artigiano, architetto, artista).
Vedute dell’allestimento della mostra Dov’è l’artigiano, allestita da Enzo Mari durante il terzo ciclo di mostre della XVI Triennale, 1981 © Triennale Milano – Archivio fotografico
Lo spazio espositivo si sviluppa attorno ad un’arena centrale allestita con una serie concentrica di sedili destinata ad accogliere dibatti giornalieri, pensati come parte integrante della mostra. I temi trattati sono legati alle diverse categorie artigiane presentate attraverso gli oggetti in mostra ma anche alle scuole di design, di architettura e di artigianato, viene organizzato inoltre un convegno dedicato al “problema dell’artigianato artistico”.
Dov’è l’artigiano rappresenta per Enzo Mari un’ulteriore momento di riflessione su uno dei temi a lui più cari, quello del lavoro che può essere liberato dall’alienazione solo affermando la riappropriazione da parte di chi lo svolge di tutte le sue fasi, l’esatto opposto di quello che avviene nell’industria moderna che, nel nome dell’ottimizzazione dei profitti, tende a parcellizzarlo e a ridurlo a una serie di gesti ripetuti nel tempo.
Crediti
Bibliografia:
Sistemazione del design, raccolta del design, catalogo della XVI Triennale di Milano, Cooperativa il Guado, 1979
Catalogo generale, Triennale di Milano XVI, Fratelli Alinari editrice, Firenze 1982
F. Burkhardt, J. Capella, F. Picchi, Perché un libro su Enzo Mari, Federico Motta Editore, Milano 1997
Enzo Mari curated by Hans Hulrich Obrist with Francesca Giacomelli, a cura di Hans Ulrich Obrist, Francesca Giacomelli, Electa, Milano 2020