Bruchi e farfalle
30 aprile 2020
Il filosofo Emanuele Coccia e Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano, discutono del rapporto tra uomo e natura, che l'epidemia in corso ci induce a ripensare, del ruolo strategico del mondo vegetale e del concetto di metamorfosi.
"Il mistero della metamorfosi degli insetti sta nel fatto che due corpi che non condividono nulla da un punto di vista anatomico, ecologico ed etologico, cioè il bruco da una parte e la farfalla dall’altra, attraverso la metamorfosi, si rivelano essere lo stessa vita. La metamorfosi è innanzitutto questo: la costruzione di un’identità tra due corpi, tra due mondi e tra due ethos incompatibili."
"Il primo paradosso della metamorfosi dimostra che una vita non è mai riconducibile a un’identità anatomica, morale e di mondo. La vita è quella che attraversa i corpi. Lo vediamo anche oggi nel passaggio da una vita mondana a una vita di clausura monastica. La vita è quello che sta fra i mondi, che li mette insieme."
Shirley Owens, Flushing, MI, USA, 2008, foto di Olympus Life Science
"Ciascuno di noi è la farfalla di un bruco che è esistito prima, noi siamo la farfalla di nostra madre e di nostro padre. La gravidanza è questo strano bozzolo, in cui un corpo materno ringiovanisce se stesso a tal punto da rendere questo sé più giovane autonomo e capace di nascere una seconda volta. Proprio come la farfalla ha in sé una vita più antica che ha attraversato un’altra forma, un altro modo di essere, ciascuno di noi porta in sé o è animato da una vita che non è iniziata con la propria nascita, ma è la stessa vita, lo stesso respiro, lo stesso DNA di un’altra persona. In ciascuno di noi scorre una vita che è antica quanto antico è il mondo, quanto è antica la vita sulla Terra. La grande bellezza dell’idea di Darwin è che, in realtà, tutte le specie hanno questa relazione. Quello che ha detto Darwin non è solo che le specie cambiano, ma che ogni specie è la metamorfosi di una specie precedente. Noi siamo la farfalla di una specie precedente che è il nostro bruco."
Viktor Sýkora, Asteraceae, Istituto di Fisiopatologia, Charles University, Praga, 2010, foto di Olympus Life Science
“L’umanità è una forma recente che ha in sé molti tratti o tutti i tratti delle forme che la vita ha dovuto attraversare prima di costruire la nostra. Questo è chiaro geneticamente, perché il nostro codice genetico è un enorme patchwork di vite, di forme precedenti: abbiamo una parte che deriva dai virus, una parte che deriva dalle scimmie. È come se nella forma umana, molto poco ci sia di umano. Geneticamente pochissimo è umano e, per capirlo, non serve nemmeno concentrarsi sul DNA. Basta guardarsi allo specchio e rendersi conto che non c’è nulla di particolarmente umano nel fatto di avere occhi perché, proprio a causa di questo processo di metamorfosi, migliaia di altre specie hanno occhi. Essere uomini significa essere uno strano zoo ambulante che mette insieme tratti che vengono da specie, età, epoche e geografie totalmente diverse. Ogni specie è insieme bruco e farfalla di un’altra specie.”
“Ciascuno di noi è Gaia che si è chiusa in un bozzolo e ha cercato di inventarsi un nuovo volto, un nuovo respiro. Non esiste un ambiente: tutto quello che sta davanti a noi è la nostra stessa vita dispiegata in altre forme.”
"La vita è sempre una seconda volta: forse è proprio per questo che è così difficile vivere, perché ogni vivente, in realtà, vive una vita che era stata programmata per vivere in un’altro mondo, in un mondo passato, e deve reinventarsi. Ogni vivente, in fondo, è un bozzolo che sta provando a costruirsi nuove aree. [...] La vita non muore mai, non può cessare di esistere; può solo passare da un vivente all’altro, da una specie all’altra. Ed è questo quello che moltissime culture passate e presenti pensano sotto l’idea di reincarnazione. C’è un continuità che lega la vita ai corpi e che permette alla vita di un corpo di passare da una forma all’altra."
Rispetto all'epidemia Covid-19 che, in questi mesi, si è diffusa in tutto il mondo, Emanuele Coccia sostiene: "La cosa interessante di quello che sta succedendo, nonostante la tragedia, è che questa pandemia mette fine alla strana forma di narcisismo negativo che anche tutti i discorsi sull’Antropocene avevano alimentato. Eravamo passati da un atteggiamento con cui ci eravamo posti all’apice della creazione a uno stranissimo discorso, più teologico che reale e effettivamente ecologico, che dipingeva l’umanità come qualcosa di estremamente eccezionale nella distruzione. L’uomo è capace di distruggere tutto. C’è un primo effetto di realtà che questo virus ci dà nel fatto che dimostra che un minuscolo aggregato di molecole di natura proteica a cui si fa fatica di riconoscere il carattere di vita è capace di fare inginocchiare la civiltà tecnologicamente più sviluppata della storia del pianeta."
Emanuele Coccia Filosofo italiano, insegna all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi dal 2011. Specialista di Averroè e dell’averroismo medievale e moderno, ne ha tratto un’originale riflessione sulle immagini e sulla natura mediale della sensibilità. Di recente si è occupato della metafisica della vita vegetale. Tra i suoi libri: La trasparenza delle immagini. Averroè e l’Averroismo (Bruno Mondadori, 2005); La vita sensibile (Il Mulino, 2011); Il bene nelle cose. La pubblicità come discorso morale (Il Mulino, 2014); La vita delle piante. Metafisica della mescolanza (Il Mulino, 2018). Ha inoltre curato, con Giorgio Agamben, l’antologia Angeli. Ebraismo, Cristianesimo, Islam (Neri Pozza, 2009). Ha tenuto numerose conferenze presso istituzioni, musei e università.
Crediti
Foto in copertina: Yanping Wang, Semi di fiori selvatici, Planetario di Beijing, Beijing, 2010, foto di Olympus Life Science