Edi Rama
30 marzo 2020
Nell’ambito di Triennale Decameron, Edi Rama, Primo Ministro dell’Albania, e Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano, hanno discusso di come l'Europa sia messa alla prova dall’emergenza sanitaria.
L’Albania che ha inviato una squadra di trenta tra medici e infermieri per aiutare la Lombardia nella guerra al Coronavirus. Un gesto di grande importanza, che, come ha sottolineato Stefano Boeri, ”rappresenta la possibilità di una cooperazione tra popoli diversa da quella che racconta la cronaca tradizionale della geopolitica”. Dopo una analisi della situazione albanese e di quella italiana a fronte dell’emergenza sanitaria, il dialogo si è spostato sulla possibilità di una riflessione sulle modalità di ripensare le relazioni e i processi decisionali internazionali e sul macro tema dell’idea di Europa e del futuro dell’unità europea. Centrali nei momenti di crisi diventano la cultura, il dialogo tra istituzioni culturali e il ruolo delle città. Una cultura che non è una alternativa alla politica, ma un “nutriente della politica”, come evidenziato da Edi Rama.
Il discorso del Primo ministro Albanese Edi Rama all'Italia
”L’azione più sorprendente ed eclatante di Edi Rama riguarda l’identità e l’autorappresentazione della città: vedevo tutta questa energia molecolare, individuale, cambiare la città. Mi sembrava di vedere mille mani che dentro gli edifici spostavano muri, costruivano pareti, solette, nuovi volumi a sbalzo….e mi chiedevo come intervenire, come orientare questo pulviscolo di forze, pur disponendo di risorse limitatissime.”
”Una cosa è certa: se Edi Rama è rimasto un artista, se questo costituisce la sua anomalia, non è perché per un politico-artista sia facile dipingere la sua città. Tutt’altro. Quello che sembra trasparire dal suo modo di lavorare, decisionista e attentissimo alle sfumature, è piuttosto un procedimento logico particolare, lontanissimo dalle logiche del discorso politico e vicino invece ad alcune pratiche dell’esperienza artistica contemporanea. Un modo di pensare laterale, che opera per dirottamenti e deviazioni dal senso comune per poi cogliere di sorpresa il vero cuore del problema. Che a Tirana non era (solo) quello di ravvivare una scenografia urbana cupa; ma piuttosto di scardinare la rassegnazione dei cittadini nei confronti dello spazio collettivo; di capovolgere l’apatia prodotta da cinque decenni di regime comunista durante i quali la sfera di ciò che era pubblico corrispondeva al potere di pochi, alla censura, alla violenza. Il colore a Tirana non è stato solo una decalcomania da appiccicare sui palazzi, ma un vero e proprio codice di comunicazione sociale.”
Facciate dipinte a Tirana
Dopo il terremoto che ha colpito l’Albania nel novembre 2019, Edi Rama e Stefano Boeri hanno partecipato a un dialogo, a Tirana nello spazio di Radura, intitolato Italia e Albania, territori fragili, architettura, politica e comunità.
”Italia e Albania sono unite da molte cose, tra cui anche il rischio sismico. Edi Rama parlava delle baracche che ci sono ancora in Sicilia. Il terremoto del Belice è del 1968 e noi abbiamo ancora le baracche. Questo vuol dire che lo sforzo che in questo momento si sta facendo in Albania è molto importante. La vera sfida del terremoto è che nasce dalla terra su cui siamo abituati a camminare; c'è un senso di tradimento difficile da superare. Oggi abbiamo gli strumenti per attivare una ricostruzione solida, duratura, in tempi rapidi usando i materiali straordinari di cui sia Italia che Albania dispongono.”
Stefano Boeri