Nel 1964, quando Munari ricevette da Bruno Danese la richiesta di creare una lampada che fosse al tempo stesso pratica, resistente ed economica, capace di diffondere una luce morbida e di poter essere venduta in una confezione compatta e facile da trasportare – un oggetto tipicamente munariano, insomma – la sua mente volò in Giappone, un Paese amato e visitato a più riprese, e alle lanterne tradizionali in carta di riso. Questo materiale, fragile e tendente a ingiallire nel tempo, oltre a non essere diffuso a buon mercato in Europa, poneva però al designer non pochi problemi. La soluzione, ingegnosa e spiazzante, arrivò dal mondo della maglieria e della calzetteria: la filanca, una fibra sintetica prodotta industrialmente, usata soprattutto per produrre collant da donna. Diffusa proprio negli anni sessanta, la filanca aveva tutte le qualità necessarie per essere inclusa nel progetto: permeabile alla luce, economica, lavabile e resistente sia al calore che all’ingiallimento.