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Triennale Milano
Close Encounters, di Anna Rispoli; Wiener Festwochen 2021; ph. Luca Mattei
Close Encounters, di Anna Rispoli; Wiener Festwochen 2021; ph. Luca Mattei

Curatela performativa: appunti per uno spazio di immaginazione radicale

15 giugno 2022
Corpo, tecnologia, il buio, lo spazio. La rubrica Theatre Wor(l)ds ha finora guardato ad alcuni fondamenti della teatralità, proponendo percorsi di ricognizione, ridefinizione e sovversione che muovono i concetti attraverso la storia e fino al contemporaneo. In questa puntata viene invece considerata una nozione che è da poco entrata nell’uso della grammatica teatrale: la curatela. Se quello del curatore è, infatti, un profilo tradizionalmente afferente all’ambito delle arti visive, a partire dagli anni ottanta si è iniziato a discutere di un suo possibile impiego anche nel campo del performativo. Un passaggio che non si risolve in una semplice importazione di significato, ma che segna l’avvio di un dibattito internazionale che mette radicalmente in discussione la specificità della funzione curatoriale. 
Marcando una differenza con l’individualità autoriale tanto del direttore artistico (dal lato delle scelte artistiche) quanto dell’organizzatore teatrale (sul versante della programmazione palinsestuale), la curatela si istituisce innanzitutto come un pratica orizzontale, che si collude con i processi artistici e si espone alla discussione collettiva delle forme spettatoriali, della gestione dei tempi e degli spazi, delle economie istituzionali e dei modelli di produzione e consumo delle arti dal vivo.  
Per esplorare alcuni degli aspetti cruciali di questa pratica, l’articolo ripercorre alcune questioni messe a tema in Performance + Curatela (Luca Sossella Editore, 2021), a cura di Piersandra Di Matteo.
Appunti in forma esplosa, concetti chiave, in cui si concentrano alcune delle intensità culturali, sociali e politiche che hanno contribuito a trasformare il paradigma della curatela in relazione alle arti performative.
Punteggiatura, di Muna Mussie; Atlas of Transition HOME 2018; ph. Alice Murtas
Creare costellazioni
Una conversazione tra la storica dell’arte Beatrice von Bismarck e la teorica Irit Rogoff (Curating/Curatorial, 2012) suggerisce  una distinzione tra “curatoriale” (curatorial) e “curatela” (curating). La curatela è descritta come una constellational activity, ovvero come una capacità di creare costellazioni, un’abilità per la quale una serie di elementi molto distanti tra loro, che non sono mai stati messi in connessione prima d’ora – come ad esempio opere d’arte, manufatti, informazioni, persone, luoghi, contesti, risorse – vengono avvicinate e fatte interagire non solamente su un piano estetico, ma anche sociale, economico, istituzionale e discorsivo. Il curatoriale, diversamente, può essere identificato come il campo in movimento, costantemente dinamico, in cui la condizione generativa della costellazione prende vita. Le cosiddette tecniche curatoriali si aggregano così come le persone che vengono coinvolte all’interno delle cornici materiali e discorsive in cui si incontrano e si incrociano.
Autoscuola della notte, a cura di Aleppo.eu; Santarcangelo Festival 2016; ph. Ilaria Scarpa
Autoscuola della notte, a cura di Aleppo.eu; Santarcangelo Festival 2016; ph. Ilaria Scarpa
Per-formare mondi
L’introduzione del concetto di performativo si riconduce convenzionalmente alla teoria degli atti linguistici di J. L. Austin, che identifica come “performative” quelle particolari forme di enunciato che non “descrivono” ma “compiono” azioni, istituendo condizioni nuove. Saranno prima J. Derrida e poi soprattutto J. Butler a operare un decisivo spostamento dal dominio della lingua alla materialità del corpo. La performatività arriva a essere definita come una possibilità dei corpi di interferire con le condizioni materiali, sociali e politiche della realtà che non sono naturali e oggettive, ma costruite e quindi modificabili. 
Facendo leva su questa ambivalenza, che condensa nel performativo sia l’idea letterale della prossimità con il teatro sia la capacità trasformativa della realtà, F. Malzacher intende la curatela non solo come una prassi che organizza azioni performative ma come un gesto performativo di per sé. 
La somiglianza con il teatro si profila nella definizione di uno spazio e un tempo presente e comune, che non si può guardare criticamente da fuori (e dall’alto) né si può vivere in maniera totalmente immersiva dall’interno. Uno spazio di negoziazione, dunque, dove è possibile agire performativamente, esaltando, trasformando e ricombinando aspetti relazionali, soggettivi, discorsi sociali e implicazioni politiche: senza censurare ma anzi assumendo la dimensione live, foriera del rischio ineliminabile del fallimento e del vuoto, che diventano possibilità di pensiero, drammaturgiche e generative. 
Per curarsi anche di un ripensamento politico ed “ecologico”, del fare e dello stare insieme.
Training for the future, progetto di Jonas Staal, curato e co-programmato da Florian Malzacher; Ruhtriennale, Bochum (2019)
Training for the future, progetto di Jonas Staal, curato e co-programmato da Florian Malzacher; Ruhtriennale, Bochum (2019)
Ecologia del possibile 
Che cosa significa creare un’ecologia di tempo e spazio? Come ci si può insidiare nelle pieghe? Nel 2005 il progetto Practicable (isabelle-schad.net) immagina una nuova forma di solidarietà radicale tra artisti. Una postura artistica e curatoriale che permette al gruppo di muovere dall’interno i sistemi di produzione e distribuzione delle arti performative: ogni volta che un artista del gruppo viene programmato in un festival, presenta anche un evento più breve di un/a /suo/a collega. In questo caso, l’aspetto curatoriale si svincola totalmente dal contenuto o dall’estetica, e diventa una forma di messa in discussione di un meccanismo di produzione. Come suggerisce E. van Campenhout, la curatela può anche essere una protesi istituzionale e critica. Un’attitudine che non si occupa di programmare progetti artistici, ma che al contrario si fa carico dei vuoti e delle mancanze. Dove il ruolo del curatore agisce non affermativamente, ma in sottrazione di potere. Diventa invisibile per essere di supporto all’ecosistema degli artisti e del pubblico e per far “smarginare” l’esperienza artistica nella vita quotidiana in una costante negoziazione dei formati presentati e delle modalità di fruizione. La curatela così riacquisisce la vecchia etimologia di ospitalità, del “prendersi cura” della comunità. Crea un nuovo paradigma di ridistribuzione: l’artista-curatore rivendica un rischio nell’azione e una vulnerabilità di esistenza, offrendo una cornice vuota e aperta che può essere in qualsiasi momento riempita e modificata.