© Allegra Martin
Presentazione volume
Società Umanitaria. La collezione involontaria
a cura di Andrea Tinterri e Luigi Attilio Brianzi
28 settembre 2022, ore 18.30
Opere d'arte come abitanti attivi dello spazio pubblico: la Società Umanitaria di Milano interroga i propri spazi, facendoli abitare da opere di artisti della sua collezione.
Il risultato del progetto è la pubblicazione del volume che presentiamo nell'ambito di Triennale Estate: La Società Umanitaria. La collezione involontaria (SilvanaEditoriale, 2021), a cura di Andrea Tinterri e Luigi Attilio Brianzi, con fotografie di Mattia Balsamini, Allegra Martin e Gianni Pezzani.
Andrea Tinterri dialoga con Lorenza Bravetta, curatrice per Fotografia, cinema e new media di Triennale.
Nella maggior parte dei casi la prerogativa di una campagna fotografica è insistere su un territorio e metterne in luce la morfologia (geografica, politica, sociale). Gli scopi possono essere diversi, ma solitamente la necessità è verificarne lo stato di salute, la condizione contingente, diventando una sorta di termometro visivo. Con queste premesse è nato il progetto, a cura di Andrea Tinterri e Luigi Attilio Brianzi, che ha visto i fotografi Mattia Balsamini, Allegra Martin, Gianni Pezzani (insieme a Fabiana Toppia Nervi, che si è occupata del backstage del lavoro), avvicinarsi alla Società Umanitaria e prendere coscienza del suo essere un territorio sociale con una storia che intreccia l’arte e il design del Novecento italiano. Uno degli obiettivi era quello di focalizzare l’attenzione sulla piccola collezione d’arte dell’Ente, una collezione che potrebbe essere definita “involontaria”, costituita in prevalenza dal lascito della Fondazione D’Ars Oscar Signorini, con le opere di Giò Pomodoro, Alik Cavaliere, Paolo Baratella, Elio Marchegiani, Egidio Bonfante, Marcello Pietrantoni, Angelo Bozzola, Pietro e Andrea Cascella, Lucio Del Pezzo, Sergio Dangelo, e altri. Opere che all’interno della campagna fotografica sono state, nella maggior parte dei casi, ricollocate e distribuite sull’intera superficie dell’ente – chiostri, corridoi, scale, terrazze – al fine di evidenziare la loro capacità fluida di abitare uno spazio, smarcandosi dal semplice valore decorativo, facendo emergere indizi a contestualizzare un territorio stratificato e il suo stato di salute. Il risultato di questo lungo lavoro, durato alcuni mesi, è stata La collezione involontaria, una pubblicazione dove le opere della collezione della Società Umanitaria (inclusi marmi, statue, ferri battute, ceramiche, manifesti) sembrano sostituirsi all’uomo, occupando quegli spazi che solitamente sono percorsi da studenti, lavoratori, cittadini, e finiscono con l’emanciparsi dalla parete per assolvere alla loro funzione di abitanti attivi dello spazio pubblico.
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