© Laurent Poleo Garnier
Intervista a François Chaignaud, il più istrionico degli artisti francesi
18 giugno 2021
Coreografo, danzatore, ma anche scrittore, storico e cantante, nel corso degli anni François Chaignaud ha saputo dar vita sulla scena a un personaggio unico, mescolando sapientemente cultura alta e pop, sfidando generi e categorie. Romances inciertos, un autre Orlando è il riflesso perfetto del talento multiforme di Chaignaud. In occasione della messa in scena dello spettacolo presso Triennale, Umberto Angelini – direttore artistico di Triennale Milano Teatro – dialoga con Chaignaud intorno alla sua poliedrica identità artistica.
Romances inciertos, un autre Orlando di François Chaignaud © Lorenza Daverio
Anni fa, come direttore di Uovo Festival, ti avevo invitato a Milano con Mimosa, performance collettiva che aveva conquistato il pubblico. Sono molto felice di averti di nuovo a Milano con Romances inciertos, un autre Orlando, un lavoro di straordinaria bellezza. Vorrei cominciare la nostra piccola chiacchierata partendo da una considerazione più generale. Abbiamo vissuto, in questo periodo pandemico, una sottrazione del corpo e una perdita dei riti collettivi. Cosa ti spinge oggi a mettere in scena uno spettacolo? E quale relazione cerchi con il pubblico?
Romances inciertos, un autre Orlando è uno spettacolo che abbiamo creato nel 2017, in un momento in cui non potevamo davvero immaginare la pandemia che ci sarebbe stata. Romances Inciertos è scolpito da motivi, gesti, fraseggi, melodie, forme che hanno attraversato secoli, confini, drammi e mutazioni. Riconquistare la storia di questi flussi, che resistono, cambiano e durano, ci permette di fare un passo indietro rispetto a un'attualità opprimente, alle sue rappresentazioni e ai suoi dispositivi, e di proiettarci in una temporalità di lungo periodo. Il mio intento è di celebrare le alte tecnologie dei nostri corpi, collegare i nostri corpi viventi agli spettri e ai poteri del passato per ritessere delle lunghe genealogie, degli archi lenti, e credere nelle virtù confortanti della pratica dell'arte.
Romances inciertos, un autre Orlando di François Chaignaud © Lorenza Daverio
La tua identità artistica si nutre di immaginari, tecniche coreografiche e vocali, pratiche e gesti appartenenti a mondi anche molto distanti tra loro. Eppure, la sintesi artistica che ne deriva appare come un processo naturale. Quanto spazio hanno la ricerca, lo studio e l’improvvisazione nel tuo processo creativo?
La mia pratica si basa sulla porosità del corpo e dell'immaginario: mi piace trasformare il mio corpo esponendolo a conoscenze, pratiche e fenomeni. È un lavoro allo stesso tempo molto attivo – di ricerca, di proiezione – e molto passivo, durante il quale il corpo si riempie di alterità. Ecco perché la collaborazione mi sembra così cruciale, perché spersonalizza l'atto della creazione, implica una circolazione tra diverse funzioni ed espande, all'infinito, i domini del possibile. Per me, l'invenzione del proprio corpo implica necessariamente la possibilità di accogliere in sé un corpo estraneo.
Se dovessi scegliere tre artisti contemporanei che più di altri ti affascinano per la potenza o l’originalità del loro lavoro artistico, chi indicheresti?
Soffriamo troppo della riduzione della storia dell'arte a una lista di grandi figure perché io mi presti a questo esercizio. In ogni caso, al momento, le potenze che derivano dalla scultura romanica, dal reality TV, dall'arte lirica, dall'impegno militante e dalla sperimentazione coreografica mi ispirano e affascinano.
© Lorenza Daverio