Shouf Reserve
Studio di architettura L.E.FT:
Makram el Kadi, Ziad Jamaleddine, Rami el Murr, Ibrahim Kombarji, Mayrah Udvardi (assistente ricercatore), Maia Simon (curatrice editoriale)
Riserva di Shouf:
Nizar Hani
Video:
Josh Haner /The New York Times
Mostra
Libano TAWAF: A Genealogy of a Tree
1 marzo – 1 settembre 2019
Tawaf (arabo: طواف, Tawãf), nella fede islamica, è l’atto devozionale per cui si gira in senso antiorario attorno alla Kaaba durante l’Hajj (il pellegrinaggio alla Mecca).
L’installazione Tawaf: A Genealogy of a Tree dello studio L.E.FT per la XXII Triennale di Milano, Broken Nature, spazializza il tronco di un cedro della riserva della biosfera di Shouf, la più grande riserva di cedri in Libano, in una carta geografica in forma di tappeto circolare. Attraverso i suoi anelli di crescita, la carta interpretativa arborea dipana gli immaginari biblici, letterari, popolari e politici del cedro del Libano nella sua cronologia geologica.
Tawaf ricolloca il significato dell’albero del cedro lontano dalla sua rappresentazione stilizzata come simbolo nazionale libanese, centrandola nella storia della nazione, nello spazio vorticoso della sua storia ecologica. Ciò che emerge non è un simbolo ‘immortale’ dell nazione, ma piuttosto una narrazione complessa che si situa all’intersezione tra storia geologica, immaginario ambientale coloniale e cambiamento climatico.
Girando attorno all’installazione, il visitatore comincerà a riconoscere la necessità di districare le tracce delle complesse retoriche nazionaliste e coloniali che si nascondono dietro ai danni inflitti alla regione del Medio Oriente, prima di tutto a livello ambientale. Soltanto in un secondo momento sarà possibile sostenere l’ecologia del cedro e reinventarne il significato.
Crediti
Mostra prodotta da:
Ministero libanese della Cultura
Studio di architettura L.E.FT:
Makram el Kadi, Ziad Jamaleddine, Rami el Murr, Ibrahim Kombarji, Mayrah Udvardi (assistente ricercatore), Maia Simon (curatrice editoriale)
Riserva di Shouf:
Nizar Hani
Video:
Josh Haner /The New York Times